Milano, 14 novembre 2010. Seconda sentenza, dopo quella del 22 giugno, del Tribunale civile di Milano contro l’Editoriale Nord, editore della Padania, e fortemente critica verso l’Alg (Associazione lombarda dei Giornalisti guidata da Giovanni Negri). Il giudice monocratico (Silvia Ravazzoni) ha dichiarato l’illegittimità della collocazione in CIGS della giornalista professionista Elisabetta Colombo ed il suo diritto a ottenere il pagamento della intera retribuzione contrattuale (64.800 euro) dalla data di sospensione (1 luglio 2007) fino al termine della stessa (16 settembre 2009), oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalle scadenze al saldo. Oltre al rimborso alla giornalista (difesa dall’avvocato Cosimo Francioso) delle spese di lite, con l’aggiunta dell’Iva, Cpa e rimborso forfettario del 12,5 per cento.
Il giudice “concorda quindi con quanto affermato da altro giudice di questo tribunale che ha rilevato che l’azienda non ha indicato alcun trasparente criterio “facendo la comunicazione riferimento alle sole redazioni senza alcun accenno ai giornalisti e alle loro caratteristiche di anzianità e professionalità né si precisano le ragioni concrete che impediscano la rotazione tra giornalisti svolgenti prestazioni fungibili “(Trib. Milano est Casella sent. 2801/2010)”.
“Debbono sul punto – si legge nella sentenza - richiamarsi i consolidati principi più volte enunciati dalla Suprema Corte secondo cui in caso di intervento straordinario di integrazione salariale per l’attuazione di un programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale che implichi una temporanea eccedenza di personale, il provvedimento di sospensione dall’attività lavorativa è illegittimo qualora il datore di lavoro, sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione sia nel caso contrario, ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali, ai fini dell’esame congiunto, gli specifici criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei lavoratori che debbono essere sospesi (in base al combinato disposto degli art. 1, settimo comma, legge 23 luglio 1991 n. 223 e 5, commi quarto e quinto, legge 20 maggio 1975 n. 164) e, a tal fine la specificità dei criteri di scelta, che si possono definire generali in quanto rivolti ad una collettività di lavoratori, consiste nella idoneità dei medesimi ad operare la selezione eliminando apprezzamenti discrezionali del datore di lavoro e nel contempo a consentire la verifica della corrispondenza della scelta ai criteri (ex plurimis Cass. Sez. Lav. N. 7720 del 23/4/2004)”. Una vittoria, per la redattrice della Padania, su tutta la linea che potrebbe essere seguita da altre. (fonte: www.fasipress.it)
COSA SCRIVE IL GIUDICE: “Il ricorso è fondato e merita accoglimento…. L’accordo sindacale non può sopperire all’adempimento previsto dai commi 7. e 8 dell’art. 1 della L. 223/91 per il motivo che non ne contiene i requisiti”.
Il potere del datore di lavoro di sospendere il contratto individuale di lavoro nella procedura di cassa integrazione è, come noto, soggetto a precisi limiti normativi, dovendo l’azienda fornire la prova di avere osservato gli oneri procedurali previsti dalle norme di legge che sottopongono la gestione dei processi di ristrutturazione aziendali al confronto effettivo con gli organismi sindacali; in particolare il datore di lavoro deve provare che i “criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere” sono stati oggetto di preventiva comunicazione e di effettivo esame congiunto con il sindacato (art. 1 comma 7, l. 223/91), di avere preventivamente indicato le modalità di rotazione dei lavoratori sospesi ovvero di avere preventivamente indicato le ragioni che impedivano oggettivamente il ricorso allo strumento, altrimenti doveroso, della rotazione; da ultimo, il datore di lavoro deve anche dimostrare la oggettiva sussistenza del legame tra la necessità aziendale di rinunciare a determinate mansioni e le oggettive mansioni del lavoratore sospeso che contesti la propria sospensione.
La valutazione della correttezza dell’operato del datore di lavoro deve essere effettuata ex ante con riferimento al momento della procedura di mobilità e non ex post, cioè sulla base di quanto viene approvato nel giudizio successivamente instaurato, proprio perché il fine della normativa è la garanzia della trasparenza del procedimento, cui si giunge tramite “la verifica dei criteri di scelta sotto il profilo del loro carattere di generalità, obiettività e coerenza con il fine dell’istituto della mobilità”(Cass. sent. 265/99).
Ebbene, nella vicenda in esame la Editoriale Nord ha palesemente violato gli oneri procedimentali previsti dalla legge difettando, in radice, la comunicazione di trasparenti criteri di scelta per l’individuazione dei singoli lavoratori interessati alla sospensione in CIGS e sulle modalità di rotazione (ovvero sulle ragioni dell’esclusione dalla rotazione). Osserva il giudice che la generica indicazione, nella lettera di avvio della procedura del 30 luglio 2007 che la stessa avrebbe riguardato “soltanto le redazioni Esteri, Cronaca, Sport, Spettacoli e Cultura con eventuale rotazione dei giornalisti che ne facevano parte”, in uno con l’affermazione che “il rilancio del quotidiano non può che passare dalle redazioni Politica, Economia e Regionale” (doc. 7 ricorrente) non costituisce un idoneo criterio di scelta dei lavoratori da sospendere né indica le modalità di attuazione della rotazione prevista dai commi 7 e 8 della L. 223/91. Con la riportata indicazione infatti il datore di lavoro, basandosi su una scelta del tutto discrezionale e arbitraria, ha semplicemente indicato i lavoratori da sospendere e non i criteri attraverso i quali effettuare la scelta di chi sospendere. Si concorda quindi con quanto affermato da altro giudice di questo tribunale che ha rilevato che l’azienda non ha indicato alcun trasparente criterio “facendo la comunicazione riferimento alle sole redazioni senza alcun accenno ai giornalisti e alle loro caratteristiche di anzianità e professionalità né si precisano le ragioni concrete che impediscano la rotazione tra giornalisti svolgenti prestazioni fungibili “ (Trib. Milano est Casella sent. 2801/2010).
Debbono sul punto richiamarsi i consolidati principi più volte enunciati dalla Suprema Corte secondo cui in caso di intervento straordinario di integrazione salariale per l’attuazione di un programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale che implichi una temporanea eccedenza di personale, il provvedimento di sospensione dall’attività lavorativa è illegittimo qualora il datore di lavoro, sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione sia nel caso contrario, ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali, ai fini dell’esame congiunto, gli specifici criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei lavoratori che debbono essere sospesi (in base al combinato disposto degli art. 1, settimo comma, legge 23 luglio 1991 n. 223 e 5, commi quarto e quinto, legge 20 maggio 1975 n. 164) e, a tal fine la specificità dei criteri di scelta, che si possono definire generali in quanto rivolti ad una collettività di lavoratori, consiste nella idoneità dei medesimi ad operare la selezione eliminando apprezzamenti discrezionali del datore di lavoro e nel contempo a consentire la verifica della corrispondenza della scelta ai criteri (ex plurimis Cass. Sez. Lav. N. 7720 del 23/4/2004).
Neppure può sostenersi che la sussistenza dell’accordo sindacale 13.09.2007 avrebbe supplito alla preventiva mancata comunicazione dei criteri di scelta e delle modalità di attuazione della rotazione. La sanabilità del vizio di comunicazione da parte dell’accordo sindacale è stata affermata in alcune pronunce della Corte di Cassazione, che ha tuttavia precisato che ciò vale quando con l’accordo sindacale siano effettivamente già raggiunte le finalità conoscitive e di esternazione che l’obbligo di comunicazione preventiva si prefigge. Nel caso in esame l’accordo sindacale ha stabilito “l’azienda e il direttore hanno escluso la possibilità di attuare forme di rotazione, stante la particolarità dell’organizzazione del lavoro legata alla realizzazione del progetto editoriale. Le parti si danno comunque atto che potranno intervenire singole variazioni dell’elenco dei giornalisti posti in cigs, sulla base di esigenze individuali condivise dalla direzione e dal CDR”. Trattasi di formula del tutto inidonea ad esplicitare le modalità della rotazione, che non pone alcun limite concreto al potere di esercitare o non la preventiva rotazione e lascia il datore di lavoro arbitro di attuarla o meno e di scegliere i lavoratori da sospendere e riammettere. L’accordo sindacale in oggetto non può quindi sopperire all’adempimento previsto dai commi 7. e 8 dell’art. 1 della L. 223/91 per il motivo che non ne contiene i requisiti.
Come argomentato dalla Corte d’Appello di Genova (sentenza in data 27 febbraio 2008 nella causa Giannone/SMS DEMAG) resa in merito ad analoga questione “E’ proprio la necessità di esternare preventivamente le modalità che si intendono seguire nella sospensione, che richiama il datore di lavoro all’obbligo di una condotta seria e coerente, nella misura in cui egli è tenuto a definire prima di procedere alle sospensioni le regole, necessariamente generali, che governeranno la scelta, si allontana il iò che questa venga determinata da motivi personali, o anche dall’arbitrio, e si impedisce al datore di lavoro di giustificare il suo operato adducendo ex post ragioni surrettizie, che ne mascherino altre di per sé indifendibili. Questo sembra essere stato lo scopo perseguito dal legislatore imponendo la comunicazione preventiva dei criteri alle organizzazioni sindacali, non certo l’interesse di queste ultime a svolgere un ruolo attivo nella procedura, posto che si trattava interesse già sufficientemente garantito dagli obblighi istituiti con la L. 164/75”. Tale impostazione appare condivisibile ed è stata anche avallata dalla Corte di Cassazione che con la sentenza numero 12137/2003 ha stabilito: “Ai fini della legittimità della sospensione della retribuzione per i lavoratori collocati in cassa integrazione guadagni straordinaria, l’azienda è tenuta a comunicare la individuazione dei lavoratori da sospendere e i motivi per i quali non vengono adottati i meccanismi di rotazione; la sussistenza di vizi procedimentali e la conseguente inefficacia dei provvedimenti aziendali può essere fatta valere giudizialmente dai lavoratori, in quanto la regolamentazione della materia è finalizzata alla tutela, oltre che degli interessi pubblici e collettivi, soprattutto di quelli dei singoli lavoratori.”.
Da ultimo va osservato, con particolare riferimento alla posizione della ricorrente, premesso che la società non ha contestato in materia precisa e puntuale il suo iter lavorativo, limitandosi genericamente ad affermare che la professionalità della stessa non sarebbe stata del tutto fungibile con quella di altri giornalisti, la ricorrente ha ampiamente documentato, producendo numerosi articoli comparsi sul giornale “La Padania” a suo nome, di essersi occupata di politica e soprattutto di cronaca, addirittura su medesimi temi che sono stati poi ripresi da altri giornalisti del giornale nella sua nuova veste editoriale (allegati da 23 a 36 bis ricorrente): non è dato pertanto in alcun modo comprendere la ragione oggettiva per la quale la prestazione lavorativa di (omissis) non sarebbe stata fungibile rispetto a quella di altri colleghi non collocati in CIGS e con i quali avrebbe, in ipotesi, potuto ruotare.
Sulle conseguenze della violazione degli obblighi procedurali in questione, con sentenza n. 302/200 le Sezioni Unite hanno affermato che “in caso di intervento straordinario di integrazione salariale per l’attuazione di un programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale che implichi una temporanea eccedenza di personale, il provvedimento di sospensione dell’attività lavorativa è illegittimo qualora il datore di lavoro, sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione sia nel caso contrario, ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali ai fini dell’esame congiunto, gli specifici criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei lavoratori che devono essere sospesi (in base al combinato disposto degli artt. 1 settimo comma legge 23 luglio 1991 n. 223 e commi quarto e quinto, legge 20 maggio 1975 n. 164), tale illegittimità potendo essere fatta valere dai lavoratori interessati davanti al giudice ordinario, per ottenere il pagamento della retribuzione piena e non integrata”. Il vizio non potrà dunque travolgere tutta la procedura ma solo i suoi effetti nei confronti della lavoratrice ricorrente, conseguendone la dichiarazione della illegittimità della sua collocazione in CIGS ed il suo diritto a ottenere il pagamento della intera retribuzione contrattuale dalla data di sospensione fino al termine della stessa, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalle scadenze al saldo. Si ritiene di non dover limitare la condanna della parte convenuta al pagamento della differenza tra quanto spettante a titolo di retribuzione e quanto percepito a titolo di integrazione in quanto nel caso di specie la lavoratrice ha ricevuto direttamente dall’INPGI l’importo ridotto che sarà tenuta a restituire a seguito della declaratoria di illegittimità della sospensione. Editoriale Nord va quindi condannata al pagamento in favore di (omissis) della complessiva somma di 64800,00 oltre oneri accessori a titolo di retribuzioni per l’intero periodo di illegittima sospensione, il conteggio prodotto dalla ricorrente verificato appare corretto e non è stato comunque oggetto di specifica contestazione da parte della convenuta.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza”.
(fonte. Sentenza Tribunale di Milano in allegato)
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Il Tribunale di Milano
bolla come illegittima
la Cigs alla “Padania”
(avallata dal sindacato).
Nel caso specifico manca “il nesso causale tra la necessità di tagliare l’organico e la sospensione completa ed ininterrotta della prestazione lavorativa di Mario Gallone (caporedattore più anziano con l’incarico di coordinare le pagine di Politica, Economia ed Esteri). A questo punto una domanda sorge spontanea: il sindacato c’era o dormiva?Il sindacato lombardo dice di avere stipulato 60 accordi nella gestione del nuovo contratto: è lecito chiedere che questi accordi vengano resi pubblici? (IN CODA la sentenza in PDF)
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CONTRATTO & STATI DI CRISI.
PERCHE’ I CASSINTEGRATI
della “PADANIA” CONTESTANO
LA LOMBARDA E IL RUOLO
DI GIOVANNI NEGRI
E CHIEDONO CHE LA FNSI
LO CENSURI PESANTEMENTE.
“Giovedì 9 settembre 2010 è arrivata la prevedibile seconda sentenza che sconfessa la linea seguita dalla Lombarda nell'accettare e firmare la prima delle due tornate di cassa integrazione de La Padania senza rotazione per 14 redattori per due anni. La collega Betty Colombo (come già alcuni mesi prima il collega Mario Galloni) si è vista riconoscere il diritto ad avere i soldi di differenza retributiva. Ecco cosa succede a regalare gli stati di crisi agli editori”.
di DIMITRI BUFFA
Giovedì 9 settembre 2010 è arrivata la prevedibile seconda sentenza che sconfessa la linea seguita dalla Lombarda nell'accettare e firmare la prima delle due tornate di cassa integrazione de La Padania senza rotazione per 14 redattori per due anni. La collega Betty Colombo (come già alcuni mesi prima il collega Mario Galloni) si è vista riconoscere il diritto ad avere i soldi di differenza retributiva. Ecco cosa succede a regalare gli stati di crisi agli editori……………………..
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La Padania in crisi.
La Lega prolunga fino a quattro anni la cassa integrazione per nove giornalisti
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I CASSINTEGRATI della PADANIA CONTESTANO LA LOMBARDA E IL RUOLO DI GIOVANNI NEGRI E CHIEDONO CHE LA FNSI LO CENSURI PESANTEMENTE. Questa battaglia è guidata da Dimitri Buffa (giornalista della Padania da tre anni in Cigs). Leggi tutto in http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=5465
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http://www.youtube.com/watch?v=IJPsU38qNL0
Qui si può seguire quella parte di trasmissione di Milena Gabanelli (Report, 15 marzo 2009) da cui si evince che la Lega Nord, - mentre si rifiutava di mettere soldi per ripianare il rosso del giornale di partito, e faceva dichiarare lo stato di crisi per la Padania -, trovava, invece, i soldi per finanziare il Movimento per le autonomie (Mpa) di Raffaele Lombardo.
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