1. Il “ddl Alfano” nel testo approvato dal Senato il 10 giugno 2010. Le modifiche al Cpp. indagini pubblicabili per “riassunto”. La responsabilità amministrativa degli editori.
Il “ddl Alfano”, qualora dovesse diventare legge, consentirà ai cronisti di raccontare le indagini “per riassunto”. In sostanza è ammessa la possibilità di pubblicare per riassunto gli atti non più coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare. Oggi non è possibile o è possibile riferire del contenuto (comma 7 dell’articolo 114 Cpp). Dice il comma 1 dell’articolo 114 del Cpp in vigore: “1. E' vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto o anche solo del loro contenuto”. L’art. 684 del Cp punisce la pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale: “Chiunque pubblica, in tutto o in parte, anche per riassunto o a guisa d'informazione, atti o documenti di un procedimento penale, di cui sia vietata per legge la pubblicazione è punito con l'arresto fino a trenta giorni o con l'ammenda da euro 51 a euro 258”. Nel ddl restano i 30 giorni di arresto, ma l’ammenda sale da 1.000 a 5mila euro. Le registrazioni delle intercettazioni sono pubblicabili, ma soltanto dopo la conclusioni delle indagini preliminari: chi sgarra rischia da 6 mesi a 3 anni di reclusione.
Il “ddl Alfano” in particolare introduce, nel contesto del Dlgs n. 231/2001, la responsabilità amministrativa degli enti (in questo caso “imprese multimediali”) in relazione alla violazione dell’articolo 684 del Cp (Pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale). Si applica all'ente la sanzione pecuniaria da cento a 200 quote. L'importo di una quota va 258 a 1.550 euro. Le aziende potrebbero essere costrette a versare da un minimo di 25.800 euro fino a un massimo di 310mila euro. Avranno un peso nella determinazione della sanzione le tirature dei giornali. “Non è ammesso il pagamento in misura ridotta” (articolo 10 del dlgs 231/2001). Il ddl prevede, inoltre, una sanzione pecuniaria fino a 500 quote (per 775mila euro) a chi viola l'articolo 377-bis del codice penale (induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria) e anche una sanzione di 300 quote (per 465mila euro) per la pubblicazione arbitraria di intercettazioni di un procedimento penale
Il Dlgs 231/2001 “disciplina la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato. Le disposizioni in esso previste si applicano agli enti forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica. Non si applicano allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri enti pubblici non economici nonché agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale”. Se il reato è stato commesso da persone che rivestono funzioni di direzione dell'ente (come i direttori responsabili considerati dal Cnlg e dalla giurisprudenza dirigenti dell’azienda, ndr) o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia funzionale (è il caso delle redazioni giornalistiche rispetto al resto dell’impresa multimediale), l'ente non risponde se prova che l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi. In relazione all'estensione dei poteri delegati e al rischio di commissione dei reati, i modelli di organizzazione devono rispondere alle seguenti esigenze:
a) individuare le attività nel cui àmbito possono essere commessi reati;
b) prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l'attuazione delle decisioni dell'ente in relazione ai reati da prevenire.
Bisogna sottolineare che il dlgs 231/2001 già si applica alle società (e, quindi, alle aziende multimediali), ma per una serie di reati (soprattutto societari, abusi di mercato) ben più pesanti di quello previsto e punito dall’articolo 684 del Cp anche nella nuova versione del ddl “Alfano”. L’estensione della punibilità all’articolo 684 obbligherà le imprese multimediali ad assumere giornalisti professionisti qualificati (da percorsi universitari specifici) e a curare la formazione dei dipendenti giornalisti anche attraverso l’applicazione concreta dell’articolo 45 (aggiornamento culturale-professionale) del Cnlg. La salvezza (per le aziende) è l’adozione di un modello organizzativo, che preveda anche la formazione continua dei giornalisti e il funzionamento di una catena di comando efficace nei controlli dei testi messi in pagina. Ben venga allora questa norma! I 2,5 milioni di gettito per la formazione (collegati all’art. 116 della legge 388/2000) vanno per ora all’Inpgi in mancanza di una intesa Fnsi/Fieg.
2. I punti qualificanti del “ddl Alfano”. Lacci e lacciuoli.
Questi gli altri passaggi rilevanti del ddl:
- Le rettifiche dovranno essere pubblicate per intero e senza commenti.
- Sono vietate la pubblicazione e la diffusione dei nomi e delle immagini dei magistrati relativamente ai procedimenti e processi penali loro affidati.
- E` vietata la pubblicazione, anche parziale, per riassunto o nel contenuto, della documentazione e degli atti relativi a conversazioni, anche telefoniche, o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche ovvero ai dati riguardanti il traffico telefonico o telematico, anche se non più coperti dal segreto, fino alla conclusione delle indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare.
- E` vietata la pubblicazione, anche parziale, per riassunto o nel contenuto, delle richieste e delle ordinanze emesse in materia di misure cautelari. Di tali atti è tuttavia consentita la pubblicazione nel contenuto dopo che la persona sottoposta alle indagini o il suo difensore abbiano avuto conoscenza dell’ordinanza del giudice, fatta eccezione per le parti che riproducono la documentazione e gli atti di cui al comma 2-bis
- Di ogni iscrizione nel registro degli indagati per fatti costituenti reato di violazione del divieto di pubblicazione commessi dalle persone esercenti una professione (è il caso dei giornalisti), il procuratore della Repubblica procedente informa immediatamente, ndr), l’organo titolare del potere disciplinare (Consiglio dell’Ordine, ndr), che nei successivi trenta giorni, ove siano state verificate la gravità del fatto e la sussistenza di elementi di responsabilità, e sentito il presunto autore del fatto, dispone la sospensione cautelare dal servizio o dall’esercizio della professione fino a tre mesi. (1)
- E` altresì vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, della documentazione, degli atti e dei contenuti relativi a conversazioni o a flussi di comunicazioni telematiche riguardanti fatti, circostanze e persone estranee alle indagini, di cui sia stata disposta l’espunzione.
- Possibile la pubblicazione nel contenuto delle richieste e delle ordinanze emesse in materia di misure cautelari dopo che la persona sottoposta alle indagini o il suo difensore abbiano avuto conoscenza dell’ordinanza del giudice.
3. Conclusioni. Le regole fissate oggi nel Cpp in tema di diritto di cronaca. Informazione e privacy. Il “ddl Alfano” in rotta di collisione con la Corte costituzionale e con la Corte dei diritti dell’uomo in tema di pubblicazione delle intercettazioni.
Il 21 giugno 2006 il Garante della privacy, al culmine dello scandalo noto come “vallettopoli” emanò una delibera (1) e osservò che “dagli atti al momento disponibili e dall'attuale quadro normativo riferito al processo penale, non risulta allo stato comprovato che le più recenti pubblicazioni giornalistiche delle predette trascrizioni siano avvenute violando il segreto delle indagini preliminari o il divieto di pubblicare atti del procedimento penale”. Il Garante tracciò anche un affresco, valido ancora oggi, delle regole fissate nel Codice di procedura penale. Il Cpp: a) vieta la pubblicazione di atti coperti dal segreto o anche solo del loro contenuto (art. 114, comma 1, cpp.); b) vieta anche la pubblicazione di atti non più coperti dal segreto fino alla conclusione delle indagini preliminari o al termine dell'udienza preliminare (art. 114, comma 2, cpp); c) consente sempre, però, la pubblicazione del contenuto di atti non coperti dal segreto (art. 114, comma 7, cpp) e considera gli atti d'indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria non più coperti dal segreto quando l'imputato ne possa avere conoscenza (art. 329 cpp e art. 268, comma 6, cpp, relativo al deposito di atti concluse le operazioni di intercettazione).
La Corte costituzionale, con la sentenza 59/1995, ha dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'articolo 114, terzo comma, del Codice di procedura penale nella parte in cui non consente la pubblicazione degli atti del fascicolo per il dibattimento anteriormente alla pronuncia della sentenza di primo grado. Pertanto “gli atti del fascicolo per il dibattimento (comprese le registrazioni telefoniche) possono essere pubblicati anteriormente alla pronuncia della sentenza di primo grado”.
La Corte di Strasburgo dei diritti dell’uomo, con la sentenza del 7 giugno 2007 (ricorso n. 1914/02- affaire Dupuis et autres c. France), ha riconosciuto prevalente, ex articolo 10 della Cedu, il diritto della stampa di informare su indagini in corso e l'esigenza del pubblico di essere informato sui procedimenti giudiziari. Conseguentemente ha sanzionato la Francia per violazione del diritto di espressione. Due giornalisti erano stati condannati a seguito della pubblicazione di un libro sul sistema di intercettazioni illegali attuato durante la Presidenza Mitterand. Nel libro figuravano stralci di interrogatori e brogliacci sulle intercettazioni. Sulle esigenze del segreto istruttorio prevale in sostanza il diritto di informare, soprattutto quando si tratta di fatti eclatanti e notori. Conta che i giornalisti agiscano nel rispetto delle regole deontologiche della professione, fornendo notizie ancorate al principio della verità sostanziale. Gli Stati contraenti sono vincolati ad uniformarsi alle interpretazioni che la Corte di Strasburgo dà delle norme della Cedu (Convenzione europea dei diritti dell’Uomo)”. A maggior ragione oggi, perché dal dicembre 2009 la Cedu è l’articolo 6 della Costituzione europea (Trattato di Lisbona).
La storia parlamentare italiana dice che dal 2005 ad oggi sono finiti su un binario morto, in tema di intercettazioni, il “ddl Castelli” prima e poi il “ddl Mastella” (approvato dalla Camera, nel 2007, quasi all’unanimità). Anche il “ddl Alfano” è parcheggiato su un binario morto (espressione del presidente Napolitano), ma ogni tanto il premier Berlusconi lo rivitalizza. “Nessuna riforma potrà ‘imbavagliare’ la cronaca, pena la sua illegittimità costituzionale, sempre che evidentemente si sia in presenza di un rilevante interesse pubblico alla notizia, e ciò soprattutto quando gli interlocutori delle conversazioni legittimamente intercettate e poi pubblicate svolgano funzioni pubbliche o rivestano ruoli pubblici, per ciò solo rinunciando a dimensioni riservate della propria esistenza che non siano chiaramente di tipo squisitamente privato” (così Mariaclementina Forleo, Gip del Tribunale di Milano, al convegno di Bema del 7 luglio 2007).
NOTA
1. Intercettazioni: informazione su fatti di interesse pubblico, rispettando le persone – delibera 21 giugno 2006 - G.U. n. 147 del 27-6-2006.
2. Va detto che è inapplicabile la sanzione disciplinare. Le disposizioni sono in conflitto. La natura della sospensione è cautelare: cautelare significa che dovrebbe essere adottata mentre il procedimento penale è in atto. L’articolo 58 della legge 69/1963 sull’ordinamento della professione di giornalista impedisce al Consiglio dell’Ordine l’adozione di qualsiasi provvedimento prima della conclusione del processo penale).
3. L’autore di questp articolo, presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia dal 15/5/1989 al 7/6/2007, oggi ne è consigliere ed è consigliere anche dell’Associazione lombarda dei Giornalisti. La rivista giuridica “Themis” è stata fondata a Busto Arsizio nel 2009 e ne è direttore responsabile l’avvocato Roberto Porrello (themis@eraedizioni.it – 0331679026)
data, 5 dicembre 2010.
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Leggi tutto in http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=5269
Intercettazioni.
La normativa negli altri Paesi
(Francia, Gb, Germania e Usa).
In Germania la durata massima degli ascolti è di tre mesi e può essere prorogata soltanto per altri tre mesi, purché sussistano i presupposti. In Francia la durata non può essere superiore a quattro mesi, ma può essere prorogata, se sussistono le stesse condizioni, per un ulteriore eguale periodo. In Gb la durata ha una validità iniziale di tre mesi, prorogabili di ulteriori tre mesi se si tratta di intercettazioni per crimini gravi e fino a sei mesi se invece si tratta di sicurezza nazionale o benessere economico. In Spagna l'autorizzazione dura un periodo di tre mesi, prorogabile per uguali periodi di tempo, sempre mediante risoluzione motivata del giudice, per "le persone per le quali vi siano indizi di responsabilità penale, così come per le comunicazioni delle quali esse si servano per la realizzazione dei loro scopi criminali".
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