Era un ragazzo del '99 il fondatore, direttore e azionista del 24 Ore, Piero Colombi, del quale si commemora oggi a Milano, a palazzo Marino, il cinquantenario della morte alla presenza del figlio Enrico e di alcuni suoi amici, Franco Morganti, Salvatore Bragantini e Salvatore Carrubba. Colombi, che guiderà fino alla sua prematura scomparsa il quotidiano nato nel '46 come antagonista del Sole, parte nel '17 volontario per la grande guerra e quando ritorna si ritrova iscritto dal patrigno al Politecnico di Milano.
Studia ingegneria. Per mantenersi agli studi traduce libri di guerra dal francese, e ne scrive anche uno, sotto lo pseudonimo di Peter von Tauben. La sua passione, però, è la finanza e intorno al '23 accetta un posto di procuratore presso un agente di cambio che scrive il commento di Borsa per il Corriere della sera, e che quando si ritira gli passa la titolarità della rubrica, che firmerà fino alla morte.
La sua prima creatura è la Sasip, la società di studi e pubblicazioni finanziarie che costituisce nel '33 ed edita il Taccuino dell'azionista, la cui guida assumeranno poi i figli, Enrico e Carlo. È la prima struttura indipendente dai centri del potere economico a produrre informazione finanziaria in Italia. «Nell'inverno del '40 – ricorda Enrico, che sta per compiere ottant'anni e risiede ad Antibes – mio padre al sabato pomeriggio prese l'abitudine di portarmi con sé in tipografia, dove andava a correggere le bozze del Taccuino, e lì per la prima volta annusai una linotype».
Figlio di un piccolo imprenditore, Piero Colombi matura nel ventennio idee liberal-democratiche. È antifascista legato al Partito d'Azione ed è amico di Ferruccio Parri, il "comandante Maurizio". La polizia segreta l'ha già schedato da un pezzo e dopo il 25 luglio '43 aderisce alla Resistenza. Entra in clandestinità, ma senza mai interrompere l'attività nella Sasip. Diventa tesoriere del Comitato di liberazione nazionale dell'Alta Italia ed è in contatto con personaggi come Leo Valiani.
Dopo la Liberazione intensifica i rapporti con i vecchi amici "azionisti" di Milano. Incontra spesso Roberto Tremelloni, Mario Boneschi, Adolfo Tino, che Enrico Cuccia chiama accanto a sé come presidente di Mediobanca, e gli economisti Libero Lenti e Ferdinando di Fenizio. «Conobbi tutti gli amici di mio padre – dice Enrico – ai comizi di Parri. Non me ne perdevo uno. Con Parri c'era un legame forte. Fu lui in seguito ad aiutarmi a fare la tesi di laurea sul tema dei controllori-controllati. In una di queste occasioni conobbi anche Bruno Pagani, il segretario politico di Parri». Piccolo di statura, rotondetto con due occhi vispi dietro le lenti e la borsa rigonfia di documenti che ne sbilanciava l'andatura, Pagani è un altro economista di rango che fonda con Silvio Pozzani, nel dopoguerra, il settimanale Mondo Economico, le cui pubblicazioni cesseranno sciaguratamente nel '97.
«Ho un ricordo di quando eravamo sfollati a Cittiglio, in campagna. Mio padre – prosegue Enrico – veniva a nascondersi lì e in bicicletta andavamo insieme a Cocquio, a trovare Tremelloni, pedalando lungo il sentiero che correva accanto ai binari delle Ferrovie Nord. È lì che nacquero i primi progetti del 24 Ore, un giornale che avrebbe dovuto essere a metà tra il Financial Times e l'allora neonato Le Monde. Loro due discutevano e io giocavo con la figlia di Tremelloni».
Secondo Fulvio Coltorti – responsabile dell'area studi di Mediobanca e autore di un volume sull'informazione economico-finanziaria edito da Laterza per il centenario dell'Assonime – Lenti, Tremelloni e di Fenizio parlano per la prima volta del 24 Ore nell'estate '43, mentre Colombi e Federico Maria Pacces, che sarà il primo a dirigerlo, entreranno nel gruppo qualche tempo dopo. Colombi, poi, ne assume la guida nel '48 per mantenerla per dodici anni, fino alla morte.
«Il Sole, che era stato fondato nel 1865 e s'era ridotto a pubblicare i prezzi delle merci e le quotazioni di Borsa, era diventato il giornale dei bottegai. Serviva un quotidiano innovativo e di battaglia che desse rilievo all'informazione finanziaria. Il corsivo di tutti i giorni di mio padre era la Lettera al risparmiatore. Curava anche una rubrica di consigli all'investimento. Parliamo di anni in cui delle grandi società non si conoscevano nemmeno i fatturati; per procurarseli bisognava fare spionaggio. Si lavorava in un ambiente ostile con le aziende che non davano informazioni. E a sostegno della parte economica del quotidiano ebbero un ruolo fondamentale di Fenizio e Lenti con i loro editoriali».
Enrico Colombi mette per la prima volta piede al 24 Ore che non ha ancora 18 anni e diventa la mascotte della redazione, formata da giornalisti poco più che ventenni. «Occupandomi già all'epoca della stampa del Taccuino, fui subito attratto dall'ambiente tipografico. Il solo sentire l'odore dell'inchiostro mi eccitava. Mio padre aveva un rapporto familiare con i redattori, era molto paternalista e al tempo stesso molto estroverso».
Il 24 Ore si fa subito spazio nel mercato editoriale italiano. Piero Colombi lo dirige con spirito pionieristico, abbinando alle capacità giornalistiche una buona dose di imprenditorialità. Le copie vendute crescono a vista d'occhio. «Il giornale aveva pochissimi abbonati, i lettori lo compravano per i contenuti e le battaglie per la trasparenza. Ricordo che mio padre per arrivare a distribuire in Sicilia dava una mancia ai piloti dell'Alitalia: spirito da vecchio partigiano. Il giornale era in deficit cronico, anche perché s'investiva in continuazione. C'erano corrispondenti a New York, Londra, Parigi e Düsseldorf. Con l'Handelsblatt furono realizzati numeri speciali bilingue sui rapporti italo-tedeschi».
Poi nel '52 la maggioranza del capitale è acquisita da Confindustria, che parallelamente rileva anche Il Sole. Piero Colombi resta azionista e direttore con ampi poteri fino alla morte. Finché le due testate, fondendosi nel '65, non danno vita all'odierno Sole 24 Ore. Quanta acqua è passata, da allora, sotto i ponti.
http://oddo.blog.ilsole24ore.com