Milano, 1 marzo 2011. l Ministero del Lavoro nel 2000 accolse una importante istanza della Federazione Italiana della Stampa obbligando gli enti pubblici a versare all’Inpgi i contributi dei giornalisti dipendenti.
Da quella Finanziaria del 2001 - art.76 della legge 388/2000- arrivò il consolidamento e l’affermazione del principio giuridico in base al quale tutti i giornalisti assunti nella Pubblica Amministrazione devono essere obbligatoriamente essere assicurati all’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti. Un provvedimento firmato dall’allora ministro del Lavoro Roberto Maroni, che tutti i colleghi degli uffici stampa accolsero positivamente, in uno scenario giuridico e burocratico da sempre avverso ai giornalisti della PA.
Per i giornalisti del comparto della Pa, già dipendenti con rapporto di lavoro subordinato alla data del 31 dicembre 2000, il mutamento di iscrizione contributiva, da altro ente all'Inpgi, non ha interrotto il rapporto di lavoro né modificato gli elementi costitutivi e fondamentali del rapporto di lavoro stesso che pertanto è proseguito con le medesime caratteristiche, senza soluzione di continuità.
In mezzo, anni di lavoro di molti colleghi che, superati i 40 anni di servizio, si ritrovano oggi di fronte a un’amara realtà.
A seguito del cambio di iscrizione previdenziale è sorto un problema in merito alla definizione della futura prestazione pensionistica dei lavoratori obbligati in forza di legge all'iscrizione all'Inpgi.
Purtroppo tutti i lavoratori e le lavoratrici che hanno contributi in più fondi si trovano fortemente penalizzati perché non viene loro riconosciuto il calcolo retributivo anche se hanno 18 anni di contributi al 31.12.95 che sarebbe il requisito sufficiente e indispensabile per tutti, ma che "attualmente vale" solo per chi è iscritto o ha ricongiunto i contributi in un unico fondo, Inps, Inpdap, Inpgi ecc..
La situazione dei giornalisti che sono stati costretti per legge al passaggio di iscrizione dall'Inpdap all'Inpgi ha "di diverso" rispetto agli altri che sarebbe bastato specificare, nella legge che ha previsto il passaggio, la garanzia che non fossero penalizzati nei calcoli della pensione e che l'Inpdap avrebbe dovuto pagare la propria quota, l'inpgi la propria, ma con il calcolo retributivo per chi aveva maturato i 18 anni al 31.12.95.
E’ il caso dei giornalisti degli uffici stampa, compresi i contrattualizzati Fnsi, che prima dei 65 anni hanno raggiunto , talvolta, superati, appunto, i 40 anni complessivi di contribuzione (Inpdap+ Inpgi). Quando si verifica questa condizione, se non si sono maturati almeno 35 anni di contributi Inpdap, il giornalista viene ad essere pesantemente penalizzato perché può andare in pensione di anzianità pro rata Inpdap-Inpgi soltanto usufruendo delle norme sulla totalizzazione (D.Lgs. n. 42/2006) che, appunto, prevedono l’applicazione del meno vantaggioso sistema di calcolo contributivo, pur in presenza di quel requisito dei 18 anni al 31.12.1995. Requisito che, in base alla precedente normativa, avrebbe consentito loro di avere il calcolo retributivo su tutta la vita lavorativa. Una pesante penalizzazione, un grave e ingiusto danno previdenziale frutto della scelta obbligata con il passaggio dei contributi all’Inpgi. Il fatto che dopo la manovra Tremonti (legge 122/2010) non sia neppure più possibile chiedere l’applicazione della legge 322/1958 (abrogata) che consentiva la costituzione della posizione assicurativa non onerosa, sia pure comunque penalizzante, presso l’Inps, aggrava la situazione.
Solo così prima si poteva ottenere una pensione di anzianità pro-quota, vedendosi liquidate, in base alla legge 1122/1955, due rate di pensione una dall’Inps e una dall’Inpgi, calcolate entrambe con il sistema retributivo.
La norma sull’obbligatorietà del versamento all’Inpgi dei contributi dei giornalisti degli uffici stampa della pubblica amministrazione, in questi anni, è stata accompagnata da diversi chiarimenti Inpdap, Inpgi e disposizioni ministeriali per consentire l’erogazione della parte di pensione a carico dell’Inpdap. In particolare , nel 2007 una circolare del Ministero del Lavoro (nota n. 5781 del 19.1.2007) ha ritenuto ammissibile l’erogazione della pensione a carico dell’Inpdap a favore dei giornalisti dipendenti dalla Pubblica amministrazione che – in costanza di rapporto di lavoro – transitassero dal regime Inpdap a quello Inpgi, purché gli stessi al momento della cessazione del servizio potessero far valere presso l’Inpdap i requisiti contributivi minimi (20 anni per la pensione di vecchiaia e almeno 35 per la pensione di anzianità).
Per questi colleghi non si pone alcun problema perché, in tali casi, l’Inpdap eroga un trattamento di pensione autonomo con il sistema retributivo o contributivo, a seconda che abbiano più o meno di 18 anni accreditati al 31.12.1995, e l’Inpgi liquida una pensione di vecchiaia supplementare, determinata con il sistema di calcolo retributivo.
Il problema esiste soltanto per i colleghi che, prima di raggiungere i 65 anni di età necessari per andare in pensione di vecchiaia, raggiungano i 40 anni complessivi di contribuzione (Inpdap + Inpgi) senza averne accreditati all’Inpdap almeno 35 (requisito minimo per la pensione di anzianità).
Una situazione discriminatoria nei confronti dei giornalisti della pubblica amministrazione, soprattutto di coloro in possesso di una maggiore anzianità contributiva che merita la dovuta attenzione da parte del Ministero del Lavoro.
Dopo le iniziative di diversi parlamentari bipartisan , fra cui Marialuisa Gnecchi, Giuliano Cazzola, Gabriella Mondello) si attendono dal ministro del Lavoro Maurizio Sacconi i provvedimenti necessari, anche attraverso la convocazione di un tavolo tecnico, a eliminare questa evidente penalizzazione a seguito del passaggio all’iscrizione obbligatoria all’Inpgi, accolta positivamente da tutti i giornalisti degli uffici stampa italiani nel 2001 di fronte a pesanti costi aggiuntivi per il ricongiungimento dei periodi contributivi.
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Leggi tutto in http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=3121
Uffici stampa.
Interrogazione parlamentare
dell'onorevole Giuliano Cazzola
sui problemi previdenziali
derivati dal passaggio
dei giornalisti dall’Ipdap all’Inpgi.
Cazzola chiede “se il Ministro interrogato intenda adottare, ed in caso contrario perché, gli opportuni provvedimenti al fine di evitare che coloro che siano transitati da altri enti in costanza di rapporto di lavoro passando per obbligo di legge all’Inpgi, potendo far valere più di 18 anni di contribuzione al 31/12/1995 nella gestione precedente il passaggio all’Inpgi, mantengano il diritto al trattamento liquidato secondo le regole del sistema retributivo senza penalizzazioni e senza che il costo del ricongiungimento dei periodi contributivi (altri Enti + Inpgi) ricada sui lavoratori”.
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Nota esplicativa del Ministero
del Lavoro 24 settembre 2003.
Giornalisti dipendenti pubblici:
obbligatoria l’iscrizione all’Inpgi
"L'iscrizione all'Inpgi è obbligatoria qualunque sia il tipo di contratto collettivo di lavoro che l'Amministrazione applichi al giornalista (contratto di diritto pubblico o contratto di lavoro giornalistico).Le amministrazioni che hanno alle loro dipendenze giornalisti, i quali esercitano attività propria della professione giornalistica, sono tenute all'obbligo di iscriversi tempestivamente all'Inpgi quale soggetto contribuente e a versare i relativi contributi previdenziali. Per quanto riguarda i contributi dovuti dal 1° gennaio 2001, l'Inpgi sta già concordando con l'Inpdap le modalità per il trasferimento all'Istituto previdenziale dei giornalisti delle posizioni contributive esistenti".
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Tutte le vicende dell’Inpgi dal 2009 ad oggi in
http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=6274
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