Diventare giornalisti in un giorno. Lo promette una locandina in bella mostra in un bar lungo la centralissima via Roma, sospesa tra i Quartieri Spagnoli e i Palazzi del potere napoletano. Prezzo modico: solo 50 euro «per le pratiche di segreteria». Ai formatori bastano – dicono loro – quelle poche ore per capire chi è più dotato, chi potrà cioè accedere al corso vero e proprio, a numero chiuso. «Un'occasione irripetibile: la mia occasione», pensa il giovane studente appena diplomato: due anni, 35 ore settimanali, teoria e pratica, soprattutto la pubblicazione degli 80 articoli per iscriversi all'albo dei pubblicisti. Tremila euro e nemmeno all-inclusive. Perché non solo non si viene pagati per i servizi pubblicati su una testata collegata alla scuola di formazione, com'è invece buona norma. Ma bisogna sborsare di tasca propria la ritenuta d'acconto, cioè le tasse da versare all'erario per dimostrare di aver percepito reddito per quelle prestazioni. Altrimenti, addio iscrizione all'Albo dei pubblicisti.
E' una delle tante proposte che a Napoli offrono corsi full-immersion, semestrali o biennali ai tanti giovani che inseguono il sogno di diventare cronisti.
Nulla a che vedere con le scuole di giornalismo regolarmente riconosciute dell'Ordine nazionale. Questa è la versione evoluta del "Pacco, doppiopacco e contropaccotto" raccontato da Nanni Loy: un tempo erano i mattoni dentro le carcasse di finte radio vendute per buone, oggi con la crisi si vende quel che si dovrebbe comprare.
La denuncia arriva dal Coordinamento giornalisti precari della Campania, movimento autonomo dal sindacato unico nato per monitorare e difendere i diritti dei tanti precari di questa professione. Sono bastate poche telefonate per smascherare quella che appare come una vera e propria truffa. «In pratica, ti vendono il tesserino – afferma Ciro Pellegrino, leader del Coordinamento – creando false aspettative e nuove sacche di precariato. Siamo l'unica categoria che si vede rinnegati due articoli della Costituzione: l'articolo 1 sul diritto al lavoro e il 21 sul diritto a una libera stampa».
I costi vanno dai 270 euro per un corso online, con tanto di dispense e pubblicazione su un sito internet, ai 3500 euro per un biennale con attestati finali per l'agognato "tesserino". Le risposte, al telefono e per posta elettronica, sono degne del miglior "Totò truffa": «E' prassi diffusa rilasciare al collaboratore "volontario" una ricevuta fiscale dei compensi (fittizi) percepiti durante ogni anno, che possono essere anche minimi, "pro forma"» scrive una scuola di formazione a un aspirante giornalista. «Per fare un esempio – continua – "su carta" può risultare anche di essere stati pagati 2/3,00 euro ad articolo. Annualmente poi, il collaboratore dovrà solo versare la ritenuta d'acconto (il 20%) sui compensi (ipotetici) percepiti, le cui ricevute sono appunto necessarie per la pratica di iscrizione. Ciò che si chiede è la presentazione di alcuni documenti cartacei e noi, appunto "su carta", forniamo tutto quanto richiesto secondo legge».
Carte a mezzo di carta, insomma: purché sia filigranata. Ora Assostampa e Ordine dei giornalisti campano minacciano azioni legali. Ma il problema non riguarda solo Napoli. Basta fare un giro sulla rete per trovare corsi che promettono l'iscrizione all'albo dei pubblicisti da Torino a Bari. A pagamento, ovviamente. A Milano la proposta è "giornalista in due giorni" per 260 euro, con promessa di "collaborare con una testata giornalistica". A Roma si va dai 1500 per un corso con collaborazione certificata su un quotidiano, ai 2500 per teoria e pratica di giornalismo multimediale, fino ai 5900 in sette mesi per un corso di giornalismo radio-televisivo. IVA esclusa.