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Stampa

Giustizia per i free lance.
Proposta di legge che
detta norme per
promuovere l’equità
retributiva nel
lavoro giornalistico.
Compensi fissati per decreto.
E’ ferma dal 17/6/2010.

Una Commissione interministeriale definirà “i requisiti minimi di equità retributiva dei giornalisti iscritti all’albo titolari di rapporto di lavoro non subordinato nei quotidiani, nei periodici, anche telematici, nelle agenzie di stampa e nelle emittenti radiotelevisive, in coerenza con i corrispondenti trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria in favore dei giornalisti titolari di un rapporto di lavoro subordinato. I requisiti minimi sono stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri”- IN CODA il Contratto giornalistico
svizzero: “I free lance non possono essere svantaggiati a livello di retribuzione rispetto ai dipendenti”.

PROPOSTA DI LEGGE D’INIZIATIVA DEI DEPUTATI MOFFA, ANGELI, BARANI, BARBIERI, BONCIANI, BOSI, DI BIAGIO, DI VIRGILIO, DIMA, DIVELLA, FAVIA, VINCENZO ANTONIO FONTANA, ANTONINO FOTI, GIRLANDA, GOTTARDO, GRANATA, HOLZMANN, IAPICCA, MADIA, MANTINI, MARINELLO, CESARE MARINI, MOSELLA, ANGELA NAPOLI, PATARINO, PETRENGA, POLIDORI, RAISI, RUGGHIA, SCALERA, SCANDROGLIO, TORRISI, TOTO, TRAVERSA, VENTUCCI, ZACCHERA. Norme per promuovere l’equità retributiva nel lavoro giornalistico - Presentata il 17 giugno 2010



ONOREVOLI COLLEGHI! — La professione di giornalista ha subìto profonde trasformazioni in relazione sia ai cambiamenti tecnologici e all’evoluzione degli strumenti informativi (internet e new media) sia in relazione alla trasformazione del tessuto economico editoriale che ha visto la crisi dei principali prodotti informativi costituiti dalla carta stampata. Alle trasformazioni tecnologiche ed economiche si è accompagnato l’aumento del numero degli iscritti all’albo che, accanto ai fenomeni economici negativi, ha contribuito ad accentuare la precarizzazione della professione. Sintomo di tale difficoltà sono state le vicende relative al rinnovo del contratto di lavoro giornalistico che è intervenuto ad oltre tre anni dalla sua naturale scadenza ed è stato seguito da provvedimenti legislativi a sostegno delle ristrutturazioni aziendali e del prepensionamento dei giornalisti.


Le difficoltà economiche che hanno interessato i giornalisti titolari di un rapporto di lavoro dipendente si sono rivelate oltremodo pesanti per gli iscritti titolari di rapporti di collaborazione che hanno visto progressivamente ridursi le possibilità di ricevere un reddito dignitoso dallo svolgimento della loro attività. La platea degli interessati è particolarmente vasta. A fronte di 18.567 iscritti alla gestione sostitutiva dell’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (INPGI), relativa a contratti di lavoro subordinato, si registrano, nel 2009, 24.999 iscritti alla gestione separata (relativa a liberi professionisti, a contratti di lavoro a progetto eccetera).


I dati citati devono essere coniugati con le risultanze dell’albo dei giornalisti che indicano a settembre 2009 un numero di 94.865 iscritti (professionisti e pubblicisti).


Rispetto, quindi, al totale degli iscritti all’albo solo il 19,57 per cento fruisce di un contratto di lavoro subordinato. Questa situazione scuote le fondamenta della stessa libertà di stampa perché è indubbiamente difficile poter ritenere che l’aumento di presenze di non contrattualizzati e l’accentuarsi del ricorso a forme di esternalizzazione e di precariato possano assicurare un’informazione non solo di qualità ma anche rispettosa del diritto del cittadino di avere un’informazione libera.


Le ricerche compiute dal Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti (CNOG) e dalle istituzioni rappresentative della categoria hanno posto in drammatica evidenza l’esiguità dei compensi erogati per le collaborazioni giornalistiche di tipo autonomo, con compensi di 1,03 euro e con tempi di pagamento superiori addirittura all’anno. Compensi irrisori che sono erogati anche da aziende editoriali destinatarie dirette e indirette di finanziamenti pubblici, compresi i finanziamenti all’editoria erogati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.


Se il fondamento di tali contributi trova ragione nella funzione sociale svolta dal sistema informativo non può, peraltro, disconoscersi l’esigenza che tale funzione sia svolta per il tramite di professionisti, attraverso i quali si realizza il diritto costituzionale sancito dall’articolo 21 della Costituzione all’informazione dei cittadini, che siano in grado di assolvere al diritto dovere di informare in condizioni di libertà e dignità.


È, quindi, dovere del legislatore assicurare che tale diritto costituzionale sia preservato con il riconoscimento di una retribuzione equa da parte di coloro che rendono possibile tale esercizio. Questo dovere trova fondamento nella stessa Costituzione, all’articolo 36, che espressamente coniuga il diritto a un’equa retribuzione con un’esistenza libera e dignitosa.


Fa pertanto capo alla generalità dei datori di lavoro assicurare tale condizione, al di là delle ipotesi di applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, ma tale obbligo assume un significato particolare per le imprese editoriali destinatarie dei contributi pubblici, attribuiti in funzione di particolari situazioni socioeconomiche loro riconosciute. Su di loro grava maggiormente il dovere di rispettare il dettato costituzionale sia in tema di  diritto all’informazione del cittadino sia in relazione ai comportamenti strumentali da adottare perché ciò avvenga in situazione di libertà, assicurando trattamenti economici dignitosi per coloro che rendono possibile l’esercizio del diritto d’impresa.


L’indagine del CNOG presentata alla stampa il 18 maggio 2010 ha posto in evidenza come molte attività editoriali destinatarie di contributi dello Stato non rispettino il diritto a un equo compenso, pur in presenza di sostanziose erogazioni. Significativa è la situazione di un’azienda editoriale destinataria nel 2008 di contributi di oltre 2,5 milioni di euro e che eroga compensi per collaborazioni giornalistiche pari a 2,5 euro a pezzo.


Tali situazioni, oltre a essere ingiuste sotto il profilo sociale, finiscono anche per determinare situazioni anomale sotto il profilo della concorrenza oltre a mortificare la funzione sociale dell’informazione. Già da alcuni anni l’ordine dei giornalisti ha sollecitato l’attenzione del legislatore su questi fenomeni, che sono stati monitorati nel tempo anche con un apposito osservatorio sul lavoro precario e con gruppi di lavoro specifici, che hanno testimoniato il progressivo degrado della situazione economica e professionale degli iscritti che necessita oggi di un deciso intervento, che trova la sua alta motivazione nei princìpi sanciti dagli articoli 3, 21 e 36 della Costituzione.


Su queste premesse si fonda la presente proposta di legge, recante norme per promuovere l’equità retributiva nel lavoro giornalistico, che si prefigge lo scopo di individuare trattamenti proporzionati alla quantità e alla qualità del lavoro giornalistico eseguito da soggetti che non operano con contratto di lavoro subordinato, affidando a un organismo pubblico la verifica della sussistenza dell’equità retributiva nei loro confronti. La verifica è connessa alla concessione di contributi pubblici in favore delle imprese editoriali affinché esse garantiscano nelle pratiche interne comportamenti consequenziali al riconoscimento loro attributo. Tale accertamento assolve anche a un’esigenza di trasparenza nei confronti dell’opinione pubblica che potrà così conoscere se le imprese che accedono ai finanziamenti pubblici garantiscono standard di servizi adeguati al beneficio ricevuto. La proposta di legge si compone di quattro articoli.


L’articolo 1 (finalità, definizioni e ambito applicativo) pone come finalità della proposta di legge la promozione dell’equità retributiva dei giornalisti iscritti all’albo di cui alla legge n. 69 del 1963 che sono titolari di un rapporto di lavoro non subordinato nei quotidiani, nei periodici, anche telematici, nelle agenzie di stampa e nelle emittenti radiotelevisive, in attuazione dell’articolo 36, primo comma, della Costituzione. Inoltre, fornisce una definizione di equità retributiva, che deve essere intesa come la corresponsione di un trattamento economico proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, in coerenza con i corrispondenti trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria in favore dei giornalisti titolari di un rapporto di lavoro subordinato.


L’articolo 2 (Commissione per la valutazione dell’equità retributiva del lavoro giornalistico) istituisce presso il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri la Commissione per la valutazione dell’equità retributiva del lavoro giornalistico, composta da tre membri, dei quali uno designato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali avente funzioni di presidente, uno designato dal Ministro dello sviluppo economico e uno designato dal CNOG. Tale Commissione ha il compito di definire, entro tre mesi dal suo insediamento, i requisiti minimi di equità retributiva dei giornalisti iscritti all’albo titolari di un rapporto di lavoro non subordinato nei quotidiani, nei periodici, anche telematici, nelle agenzie di stampa e nelle emittenti radiotelevisive, in coerenza con la contrattazione collettiva nazionale di categoria in favore dei giornalisti titolari di un rapporto di lavoro subordinato. I requisiti minimi sono stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. La Commissione, inoltre, ha la funzione di valutare le politiche retributive dei quotidiani, dei periodici, anche telematici, delle agenzie di stampa e delle emittenti radiotelevisive, nonché di redigere un elenco dei datori di lavoro giornalistico che garantiscono il rispetto dei citati requisiti minimi, dandone adeguata pubblicità sui maggiori mezzi di comunicazione e sul sito internet del Dipartimento per l’informazione e l’editoria.


L’articolo 3 (accesso ai contributi all’editoria) stabilisce che l’iscrizione nell’elenco dei datori di lavoro giornalistico che garantiscono i requisiti minimi è requisito necessario per l’accesso a qualsiasi contributo pubblico in favore dell’editoria, a decorrere dal 1o gennaio 2012.


L’articolo 4 (clausola di invarianza finanziaria) dispone che dall’attuazione della legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


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PROPOSTA DI LEGGE  - CAMERA DEI DEPUTATI  ATTO N. 3555


 


ART. 1. (Finalità, definizioni e ambito applicativo).


1. In attuazione dell’articolo 36, primo comma, della Costituzione, la presente legge è finalizzata a promuovere l’equità retributiva dei giornalisti iscritti all’albo di cui all’articolo 27 della legge 3 febbraio 1963, n. 69, e successive modificazioni, titolari di un rapporto di lavoro non subordinato nei quotidiani, nei periodici, anche telematici, nelle agenzie di stampa e nelle emittenti radiotelevisive.


2. Ai fini della presente legge, per equità retributiva si intende la corresponsione di un trattamento economico proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, in coerenza con i corrispondenti trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria in favore dei giornalisti e pubblicisti titolari di un rapporto di lavoro subordinato.


 


ART. 2. (Commissione per la valutazione dell’equità retributiva del lavoro iornalistico).


1. È istituita presso il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri, la Commissione per la valutazione dell’equità retributiva del lavoro giornalistico, di seguito denominata « Commissione ». La Commissione è composta da tre membri, di cui:


a) uno designato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con funzioni di presidente;


b) uno designato dal Ministro dello sviluppo economico;


c) uno designato dal Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti.


2. Entro tre mesi dal suo insediamento la Commissione definisce i requisiti minimi di equità retributiva dei giornalisti iscritti all’albo titolari di rapporto di lavoro non subordinato nei quotidiani, nei periodici, anche telematici, nelle agenzie di stampa e nelle emittenti radiotelevisive, in coerenza con i corrispondenti trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria in favore dei giornalisti titolari di un rapporto di lavoro subordinato. I requisiti minimi sono stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.


3. La Commissione, valutate le politiche retributive dei quotidiani, dei periodici, anche telematici, delle agenzie di stampa e delle emittenti radiotelevisive, redige un


elenco dei datori di lavoro giornalistico che garantiscono il rispetto dei requisiti minimi stabiliti ai sensi del comma 2, dandone adeguata pubblicità sui maggiori mezzi di comunicazione e sul sito internet del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri. La Commissione garantisce il costante aggiornamento dell’elenco di cui al presente comma.


4. Alle eventuali spese derivanti dall’attuazione del presente articolo si fa fronte mediante gli ordinari stanziamenti di bilancio. Ai componenti della Commissione non è dovuto alcun compenso.


 


ART. 3. (Accesso ai contributi all’editoria).


1. A decorrere dal 1° gennaio 2012 l’iscrizione nell’elenco di cui all’articolo 2, comma 3, è requisito necessario per l’accesso a qualsiasi contributo pubblico in favore dell’editoria.


 


ART. 4. (Clausola di invarianza finanziaria).


1.                 eri per la finanza pubblicaDall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri.


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Leggi tutto in http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=5821


Contratto giornalistico


svizzero: “I free lance


non possono essere


svantaggiati a livello


di retribuzione


rispetto ai dipendenti”.


(In coda il link per


leggere il Ccnl elvetico).


 





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