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Stampa

Con un comunicato
il Cdr del Messaggero
denuncia l’attacco
dell’azienda alle
libertà sindacali dei
redattori consacrate
nello Statuto dei
Lavoratori (legge 300/70)

Le guardie private dell’editore in redazione per impedire che l’assemblea di redazione si tenga nel salone della Cronaca. Sul punto il CdR ha scritto nel comunicato: “L’Azienda ha preteso di intimidire i giornalisti all’interno del luogo di lavoro comunicando che «personale di vigilanza sarà di presidio all’ingresso della sala Cronaca, per garantire il rispetto delle indicazioni aziendali» se si dovesse svolgere l’Assemblea. Un linguaggio e un’iniziativa estranei alla gestione di un giornale libero in un Paese libero”. La Società editrice conferma “la correttezza del proprio comportamento”.

Roma, 25 giugno 2011. ll Comitato di Redazione del Messaggero denuncia le continue provocazioni dell’Azienda, che è arrivata a minacciare sanzioni disciplinari a tutti i partecipanti all’Assemblea dei giornalisti, e ha avviato la procedura sanzionatoria per quei redattori che sono stati identificati come presenti alla riunione sindacale. Fino a quando le intimidazioni riguardavano solo il Cdr non abbiamo ritenuto di rispondere, nell’ostinato tentativo di recuperare corrette relazioni industriali. Ma ora, venuti a conoscenza che la procedura disciplinare è stata avviata anche per altri colleghi, non possiamo che denunciare una situazione che non ha precedenti nella storia del giornalismo italiano in tempi di democrazia. Il pretesto è stato che l’Assemblea è stata convocata, com’è tradizione storica, nel salone della Cronaca di Roma, mentre l’Azienda voleva che si svolgesse in un’aula al piano terra, fuori dal luogo di fattura del giornale, con un ingresso direttamente sull’androne. I motivi addotti, rappresentati solo ora, sono legati alla sicurezza. Spiegazione che non convince, perché la stanza proposta è di 65 mq più piccola del salone della Cronaca e può ospitare solo un terzo della redazione.


Il salone della Cronaca di Roma ha ospitato assemblee quando l’organico era molto superiore a quello attuale, fino a sessanta giornalisti in più appena due anni fa. E dodici anni fa, quando il giornale era già proprietà di questo Editore, ha ospitato la visita del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, con un affollamento di trecento tra giornalisti, amministrativi, poligrafici e persone al seguito nella stessa sala che ora si giudica pericolosa. Noi dalla parte nostra abbiamo lo Statuto dei Lavoratori, che prevede che le assemblee si tengano nei luoghi di lavoro e non in un locale di arredo. Tuttavia, neanche di questa cosa abbiamo fatto una questione di principio, disponibili a un confronto che tenga conto degli interessi di tutti e dei reciproci diritti.


Ma la misura è colma se si colpiscono i giornalisti nella loro libera attività sindacale. Come Cdr abbiamo chiesto all’azienda di ritirare la procedura disciplinare per quei colleghi che non fanno parte del Comitato di Redazione. La risposta è stata: «Non sempre ci sono risposte». A questo si aggiunge che l’Azienda ha preteso di intimidire i giornalisti all’interno del luogo di lavoro comunicando che «personale di vigilanza sarà di presidio all’ingresso della sala Cronaca, per garantire il rispetto delle indicazioni aziendali» se si dovesse svolgere l’Assemblea. Un linguaggio e un’iniziativa estranei alla gestione di un giornale libero in un Paese libero.


Queste intimidazioni avvengono dopo un’Assemblea che ha stigmatizzato il trasferimento, senza che ci siano state rappresentate le comprovate ragioni richieste dal Codice Civile, di una collega dalla redazione di Pescara all’Aquila; il mutamento di mansioni di un’altra collega di Roma che vede pregiudicata la sua professionalità e la chiusura, dopo oltre cinquant’anni, della redazione “storica” di Macerata. A testa alta difendiamo la dignità del nostro lavoro e impegno, e siamo certi che i lettori sono e saranno al nostro fianco.


Il Comitato di Redazione del Messaggero


 


Comunicato della Società editrice


La Società editrice ha da tempo deciso  di non rispondere ai comunicati sindacali che comunque contengono imprecisioni e falsità. La Società editrice conferma la correttezza del proprio comportamento.


 


 


 


 





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