Milano, 1 luglio 2011. Scrive Il Giornale di oggi a firma Stefano Filippi: “La Corte di Cassazione ha annullato la radiazione di Renato Farina dall’albo dei giornalisti. Dopo le polemiche sui rapporti con uomini dei servizi dietro compenso, l’Ordine non doveva cacciare Farina perché egli nel frattempo si era dimesso e non poteva più subire sanzioni. «Il procedimento disciplinare doveva essere dichiarato estinto»: così si legge nella sentenza della terza sezione civile della suprema corte numero 14407/2011 del 27 maggio scorso, depositata ieri in cancelleria….. La difesa di Farina ha sostenuto sempre la stessa linea: l’Ordine non può irrogare una sanzione a chi non è più iscritto. Funziona anche per i magistrati: il procedimento disciplinare a un giudice decade se questi lascia la toga. Il 1° marzo 2007 il giornalista si dimette. Il 20 l’Ordine regionale della Lombardia ne prende atto, cancella il nome di Farina dall’albo e lo comunica all’Ordine nazionale. Il quale però, dieci giorni dopo, sceglie di forzare la mano decidendo ugualmente per la radiazione”. (Testo intero in http://www.ilgiornale.it/interni/la_cassazione_ragione_farina_fu_errore_sua_radiazione/01-07-2011/articolo-id=532437-page=0-comments=1).
Il testo della sentenza 14407/2011 della III sezione civile della Cassazione:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Renato Farina propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi ed illustrato da successiva memoria, avverso la sentenza della Corte di appello di Milano che ha rigettato il gravame proposto contro la sentenza del Tribunale, che aveva respinto il reclamo proposto, ai sensi dell'art. 63 della Iegge n. 69 del 1963, avverso la decisione del Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti, con la quale, in accoglimento del ricorso del Procuratore Generale presso la Corte di Appello e in riforma della pronuncia di primo grado (sospensione di 12 mesi, ndr) del Consiglio Regionale, gli era stata Inflitta la sanzione della radiazione dall'Ordine per avere collaborato con il SISMI, ricevendone compensi.
Resistono con separati controricorsi sia il Consiglio regionale dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia, sia Il Consiglio Nazionale, che hanno pure depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo il Farina lamenta la violazione dell'art. 48 della legge 3 febbraio 1963, n. 69 unitamente al vizio di motivazione, assumendo che il Consiglio Nazionale non avrebbe potuto esercitare Il potere disciplinare nei suoi confronti, avendo egli precedentemente rassegnato le dimissioni dall'Ordine e non essendo quindi più iscritto all'AIbo dal 20 marzo 2007, a seguito di presa d'atto del Consiglio
Regionale.
1.1.- La censura riferita all'art. 360, n. 5, cod. proc. civ. è inammissibile, in difetto della chiara indicazione del fatto controverso, in relazione al quale la motivazione si assume viziata.
1.2.- La censura di violazione di legge, trasfusa in un idoneo quesito di diritto, è invece sostanzialmente fondata.
Secondo il citato art. 48 della legge 3 febbraio 1963, n. 69, il potere disciplinare è esercitato dal Consiglio regionale o interregionale nel confronti degli «iscritti nell'albo, negli elenchi o nel registro».
E’ pacifico in punto di fatto che, nelle more del procedimento, il Farina ha fatto venir meno la sua Iscrizione nell'albo dei giornalisti, a seguito di dimissioni rassegnate il 10 marzo 2007, di cui il Consiglio Regionale ha preso atto il 20 marzo successivo.
Assume la Corte di appello di Milano che tale norma impedirebbe l'esercizio dell'azione disciplinare nei confronti di chi non era iscritto all'albo al momento dell'inizio del procedimento, ma non anche nei confr1nti di chi, originariamente iscritto all'albo, abbia successivamente fatto venir meno, a seguito di cancellazione volontaria, tale requisito.
Detta tesi non può essere condivisa, non essendo dubbio che la cancellazione dal!'Albo comporti il radicale venir meno del potere disciplinare da parte dell'organo.
Né d'altro canto potrebbe ritenersi che sia Illegittima, e quindi da disapplicare, la presa d'atto delle dimissioni, effettuata dal Consiglio Regionale della LombardIa, in mancanza di una norma la quale espressamente preveda - come nel caso dell’art. 37 del R.D.L 27 novembre 1933, n. 1578, riguardo agli avvocati - l'Impossibilità di disporre la cancellazione in pendenza di procedimento disciplinare.
Questa Corte è consapevole del fatto che ben diverse sono le conseguenze della radiazione e delta cancellazione volontaria e di come quindi l'iscritto sia sostanzialmente reso arbitro della prosecuzione del procedimento disciplinare e della irrogazione stessa delta sanzione.
Tale evidente vuoto normativo non può peraltro condurre ad una diversa interpretazione della normativa, tenuto conto delle caratteristiche del potere disciplinare che, seppure ispirato a prevalenti interessi pubblicistici, è comunque, per sua natura, esercita bile solo sul presupposto della perdurante iscrizione all'Ordine al momento della irrogazione della sanzione disciplinare.
D’altro canto l'art. 37 del R.D.L. n. 1578 del 1933 conferma tale assunto, in quanto esso - pur dettando una regola più rigorosa in ragione delle specificità della professione forense - non consente l'irrogazione della sanzione disciplinare nei confronti dell'avvocato che non sIa più iscritto all'albo bensì - con una disciplina che evidentemente non può estendersi alle altre categorie professionali - fa espresso divieto di disporre la cancellazione in pendenza di procedimento disciplinare, a riprova del fatto che la perdurante iscrizione all'albo è condizione per
l'irrogazione della sanzione.
2.- Restano assorbite le altre due censure, con cui il Farina si duole della mancata sospensione del procedimento e dell'irrogazione dalla sanzione massima,
3 - La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata e - decidendo questa Corte nel merito - va annullata la sanzione perché il procedimento disciplinare doveva essere dichiarato estinto.
4. La novità della questione giustifica l'Integrale compensazione delle spese.
PQM
la Corte accoglie il primo motivo, nei sensi di cui in motivazione, assorbi . gli altri; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel mento, annulla la sanzione in quanto essa non poteva essere irrogata per estinzione del procedimento disciplinare; spese compensate.
Cosi deciso In Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile, il 27 maggio 2011.
Il presidente Roberto Preden
Il consigliere relatore Paolo d’Alessandro
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Consiglio nazionale-www.odg.it.
La Cassazione e la radiazione di
Farina. Le sentenze vanno rispettate
Roma, 4 luglio 2011. Annullata, dalla Cassazione, la radiazione dall'Ordine dei giornalisti dell'ex vicedirettore di Libero, e collaboratore del Sismi dietro compenso, Renato Farina, ora deputato del Pdl. Farina si era dimesso volontariamente dall'albo dei giornalisti il primo marzo del 2007, quando era venuto a galla che era 'l'agente Betulla', e la cancellazione della sua iscrizione - ad avviso dei supremi giudici - ha comportato "il radicale venir meno del potere disciplinare da parte dell'organo" dei giornalisti per effetto di un "evidente vuoto normativo". La Procura della Suprema Corte, invece, rappresentata da Maurizio Velardi, aveva chiesto la conferma del provvedimento espulsivo.
In particolare, la Cassazione, con la sentenza 14407 della Terza sezione civile, depositata ieri, ha osservato che la legge che regolamenta la professione giornalistica, diversamente da quanto avviene per altri ordini professionali, come quello degli avvocati, non vieta ad un iscritto di dimettersi "in pendenza di un procedimento disciplinare".
"Tale evidente vuoto normativo - ha rilevato la Cassazione - non può peraltro condurre ad una diversa interpretazione della normativa, tenuto conto delle caratteristiche del potere disciplinare che, seppure ispirato a prevalenti interessi pubblicistici, è comunque, per sua natura, esercitabile solo sul presupposto della irrogazione della sanzione disciplinare".
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L'Ordine nazionale dei giornalisti ha l'abitudine di rispettare le sentenze della magistratura. Sempre. Anche quando non coincidono con le decisioni assunte dal suo Consiglio nazionale. Nel caso specifico, la decisione della Cassazione riguarda l'incompetenza dell'Odg nell'infliggere la sanzione della radiazione a Renato Farina per il fatto che lo stesso, a procedimento disciplinare avviato, aveva presentato le dimissioni dall'Ordine.
Nulla la Cassazione dice, e nulla poteva dire, sulle responsabilità di Farina in relazione alla sua peraltro accertata e ammessa attività di collaboratore a pagamento dei servizi segreti. Farina ha patteggiato una condanna a sei mesi di reclusione, commutata in 6.480 euro di multa, e ha ammesso di avere ricevuto dai servizi circa 30.000 euro. Tale attività non è compatibile con le norme deontologiche della professione ed è vietata esplicitamente da una legge dello Stato che impedisce ai servizi segreti di avere, tra altri, “alle loro dipendenze, in modo organico o saltuario, i giornalisti professionisti”.
Farina è stato sospeso per dodici mesi dall'Ordine dei giornalisti della Lombardia in data 28.09.2006 (decisione notificata all’interessato il 5.10.2006). Mentre era in corso il procedimento di appello su ricorso del Procuratore generale (30.10.2006) e dello stesso Farina (02.11.2006), l’allora giornalista ha presentato le dimissioni dall'Ordine, il 1 marzo 2007, recepite – nota la Cassazione – dal Consiglio della Lombardia il 20.03.2007, quando era già pubblicamente fissata la data per la decisione che il Consiglio nazionale ha adottato il 29.03.2007.
Farina, indipendentemente dalla sentenza della Cassazione, non è iscritto all'Ordine dei giornalisti.
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Lettera di rettifica di Franco Abruzzo a Enzo Iacopino
(presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti)
con richiesta di pubblicazione ex art 8 della legge 47/1948.
Caro Iacopino, leggo il commento alla sentenza 14407/2011 della Cassazione pubblicato in www.odg.it e sono senza parole. Il Consiglio nazionale non ha mai notificato la data dell’udienza di appello al Consiglio della Lombardia. La unanime presa d’atto delle dimissioni di Renato Farina era, comunque, un atto dovuto. Non c’è un obbligo nella legge di sospendere quella presa d’atto. L’illegalità, come ha scritto la Cassazione, è stata commessa dal Consiglio nazionale che ha giudicato un non iscritto all’Albo.
Franco Abruzzo (già presidente dell’OgL)
Milano, 4 luglio 2011