Comunicato stampa (OgL, 02.6361171)
Delibera disciplinare del Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia
Milano, 21 novembre 2003. Il Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia ha inflitto la sanzione della censura al giornalista pubblicista Nicola De Feo, direttore responsabile del mensile Fox Uomo, che ha utilizzato in redazione, come consulente per i contenuti una persona non iscritta nell’Albo dei Giornalisti. “La censura, da infliggersi nei casi di abusi o mancanze di grave entità, consiste nel biasimo formale per la trasgressione accertata”.
Contro il giornalista pubblicista Nicola De Feo, direttore di "Fox Uomo" (nonché consigliere d’amministrazione della società editrice), hanno presentato esposto Irene Merli e Massimo Borgomaneri, responsabili della Commissione Sindacale dell'Associazione lombarda dei Giornalisti (AlG), ai quali si è aggiunto il presidente Maurizio Andriolo con una propria lettera. A De Feo viene contestato di avere dato l'incarico di "consulente per i contenuti" ad un certo S. P., che non è giornalista professionista o pubblicista e che usa questa carica per impartire disposizioni ai giornalisti, ordinare il rifacimento dei pezzi, scrivere lettere minacciose.
Il Consiglio ha ribadito, nella motivazione del provvedimento, che i contenuti di una pubblicazione possono essere solo giornalistici e che, quindi, non si capisce come un non giornalista possa assumere l’incarico di “consulente per i contenuti”. Evidentemente si tratta di una innovazione in campo editoriale, che viola la legge professionale dei giornalisti (n. 69/1963) e il Cnlg Fnsi/Fieg (che ha assunto forza di legge con il Dpr n. 153/1963).
Secondo il Consiglio,non è ammessa l’ignoranza scusabile su un punto: il giornalista, direttore di un settimanale, è tenuto a conoscere non solo le regole deontologiche quant’anche le regole contrattuali della professione. E’ una precondizione, questa, dell’esercizio della professione giornalistica e dell’assunzione di alte responsabilità gestionali. Nei giornali e nei periodici (art. 5 Cnlg) lavorano soltanto giornalisti professionisti, come anche in misura certamente minore praticanti giornalisti (art. 35) e pubblicisti (art. 36), tutti tenuti a rispettare le regole deontologiche della professione (art. 1 Cnlg; artt. 1, 2 e 48 l. n. 69/1963; Codice della privacy ex art. 25 l. n. 675/1996) e tutti sottoposti alla vigilanza disciplinare dell’Ordine (art. 2229 Cc e art. 1 l. n. 69/1963). Questo quadro normativo non si presta ad equivoci, la giurisprudenza non è oscillante, il comportamento della pubblica amministrazione "Ordine dei Giornalisti" non è mai stato tale da poter generare (in De Feo) una presunzione di legittimità della (sua) condotta. L’Ordine di Milano dal 1965 è molto attivo nella repressione dell’esercizio abusivo della professione (art. 11, lettera b,. della legge n. 69/1963). Nicola De Feo ha tenuto un comportamento lesivo di tali norme coscientemente o, comunque, per ignoranza non scusabile, e ha creato all’interno della sua redazione una situazione non tranquilla e non normale.
Non è in gioco, qui, il diritto costituzionale di S. P. di manifestare il pensiero con lo scritto. A S. P. l’ordinamento giuridico proibisce di svolgere funzioni esclusivamente riservate a chi svolge la professione giornalistica, perché non ha alcuno titolo abilitante ex articolo 33 (V comma) della Costituzione. La legge professionale del 1963, che "lascia integro il diritto di tutti di esprimere il proprio pensiero attraverso il giornale", organizza soltanto coloro che per professione manifestano il pensiero (sentenza 11/1968 della Corte costituzionale). De Feo avrebbe dovuto affidare quell’importante e delicato incarico a un giornalista di provata esperienza. De Feo, così agendo, avalla la convinzione che chiunque possa svolgere la professione di giornalista, arrecando un danno anche all’immagine del giornalismo professionale e dell’Ordine, di cui egli fa parte, e che è l’ente esponenziale della comunità dei giornalisti. Tali circostanze, accertate, costituiscono illecito deontologico in capo a chi, iscritto nell’Albo, riveste funzioni direttoriali.