Roma, 25 settembre 2011. Il governo torna alla carica sul ddl intercettazioni, fortemente voluto dal premier Silvio Berlusconi. Una questione su cui l'esecutivo è orientato a porre la fiducia, bloccando la via a ogni eventuale emendamento.
Ma il disegno di legge attualmente allo studio contiene ancora la norma 1 cosiddetta "Ammazza blog", una disposizione per cui, letteralmente, ogni gestore di "sito informatico" ha l'obbligo di rettificare ogni contenuto pubblicato sulla base di una semplice richiesta di soggetti che si ritengano lesi dal contenuto in questione. Non c'è possibilità di replica, chi non rettifica paga fino a 12mila euro di multa. Una misura che metterebbe in ginocchio la libertà di espressione sulla Rete, e anche le finanze di chi rifiutasse di rettificare, senza possibilità di opposizione, ciò ha ritenuto di pubblicare. Senza contare l'accostamento di blog individuali a testate registrate, in un calderone di differenze sostanziali tra contenuti personali, opinioni ed editoria vera e propria.
Ai fini della pubblicazione della rettifica, non importa se il ricorso sia fondato: è sufficiente la richiesta perché il blog, sito, giornale online o quale che sia il soggetto "pubblicante" sia obbligato a rettificare. Ecco il testo: "Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono".
Al di là delle diffamazioni e degli insulti, ogni contenuto sul web diventerebbe potenzialmente censurabile, con l'invio di una semplice mail. E sul ddl intercettazioni, il governo ha particolarmente fretta: il documento potrebbe passare così com'è entro pochi giorni. Un caso unico in Europa che, come in passato, sta già allarmando il popolo del web e mobilitando i cittadini in favore della difesa della libertà di informazione, come già accaduto ai tempi della contestata delibera AgCom.
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INTERCETTAZIONI:
COSA C'È NEL DDL
CASSON-FINOCCHIARO.
PER PD È TESTO BASE.
NO CARCERE ai CRONISTI.
PM RESPONSABILI
dell’ARCHIVIO riservato.
E' previsto un INTERVENTO URGENTE A TUTELA ONORABILITÀ PERSONE. È un nuovo istituto al quale si ricorre con procedura d'urgenza (ex art.700) nel caso in cui vengano pubblicate notizie false - IN CODA: i tre testi di riforma delle intercettazioni a confronto.
di Anna Laura Bussa-ANSA.
(Testo in http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=6951)
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La normativa negli altri Paesi
(Francia, Gb, Germania e Usa).
In Germania la durata massima degli ascolti è di tre mesi e può essere prorogata soltanto per altri tre mesi, purché sussistano i presupposti. In Francia la durata non può essere superiore a quattro mesi, ma può essere prorogata, se sussistono le stesse condizioni, per un ulteriore eguale periodo. In Gb la durata ha una validità iniziale di tre mesi, prorogabili di ulteriori tre mesi se si tratta di intercettazioni per crimini gravi e fino a sei mesi se invece si tratta di sicurezza nazionale o benessere economico. In Spagna l'autorizzazione dura un periodo di tre mesi, prorogabile per uguali periodi di tempo, sempre mediante risoluzione motivata del giudice, per "le persone per le quali vi siano indizi di responsabilità penale, così come per le comunicazioni delle quali esse si servano per la realizzazione dei loro scopi criminali". (Leggi tutto in http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=5269)
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“Comitato per la libertà e il diritto all’informazione”
Intercettazioni: il 29 settembre
cominciamo a riempire piazza del Pantheon
(Leggi tutto in http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=7240)
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Strasburgo – Sentenze.
La Convenzione e la Corte europea dei diritti dell’uomo
ampliano il diritto di cronaca (“dare e ricevere notizie”)
e proteggono il segreto professionale dei giornalisti.
(In coda la raccomandazione R7/2000 sul segreto
professionale dei giornalisti approvata dal Consiglio d’Europa).
Il Consiglio d’Europa, nella raccomandazione R(2000)7 sulla tutela delle fonti dei giornalisti, ha scritto testualmente: «L'articolo 10 della Convenzione, così come interpretato dalla Corte europea dei Diritti dell'Uomo, s'impone a tutti gli Stati contraenti». Su questa linea si muove il principio affermato il 27 febbraio 2001 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo: ”I giudici nazionali devono applicare le norme della Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo secondo i principi ermeneutici espressi nella giurisprudenza della Corte europea dei Diritti dell'Uomo” (in Fisco, 2001, 4684). Questo assunto è condiviso pienamente dalla Corte costituzionale: le sentenze di Strasburgo hanno un peso ineludibile nel sistema giudiziario italiano. Si legge nella sentenza 39/2008 della Consulta: “Questa Corte, con le recenti sentenze n. 348 e n. 349 del 2007, ha affermato, tra l'altro, che, con riguardo all'art. 117, primo comma, Cost., le norme della CEDU devono essere considerate come interposte e che la loro peculiarità, nell'ambito di siffatta categoria, consiste nella soggezione all'interpretazione della Corte di Strasburgo, alla quale gli Stati contraenti, salvo l'eventuale scrutinio di costituzionalità, sono vincolati ad uniformarsi…Gli Stati contraenti sono vincolati ad uniformarsi alle interpretazioni che la Corte di Strasburgo dà delle norme della Cedu (Convenzione europea dei diritti dell’Uomo)”. Dal 1° dicembre 2009 la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu) fa parte della Costituzione europea.
di FRANCO ABRUZZO (dal 1989 al 2007 presidente dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia)
(Leggi in http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=4546)
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Ddl Alfano e giornalisti.
Professioni. Inapplicabile la sanzione disciplinare.
Tra intercettazioni e Albo disposizioni in conflitto.
La natura della sospensione è cautelare: cautelare significa che dovrebbe essere adottata mentre il procedimento penale è in atto. L’articolo 58 della legge 69/1963 sull’ordinamento della professione di giornalista impedisce al Consiglio dell’Ordine l’adozione di qualsiasi provvedimento prima della conclusione del processo penale. IN CODA un articolo di Adolfo Beria di Argentine(per il Corriere della Sera del 12 aprile 1986): “Rapporti tra giustizia e stampa: se al giornalista si toglie la penna”.
di FRANCO ABRUZZO
(Leggi tutto in http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=5785)
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Sentenza 59/1995 della Corte costituzionale:
“Gli atti del fascicolo per il dibattimento
(comprese le registrazioni telefoniche) possono
essere pubblicati anteriormente alla
pronuncia della sentenza di primo grado”.
La Consulta ha fatto vincere il diritto di cronaca.
Questa sentenza rafforza l’impianto del ”ddl Alfano” secondo il quale le intercettazioni sono pubblicabili dopo la conclusioni delle indagini preliminari e, quindi, prima della sentenza di primo grado (come afferma la Consulta). “Ddl Alfano”: pubblichiamo integralmente gli articoli che riguardano i giornalisti. Le modifiche sono in nero (nella versione approvata dal Senato il 10/6/2010).
La Corte costituzionale ha dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 114, terzo comma, del Codice di procedura penale nella parte in cui non consente la pubblicazione degli atti del fascicolo per il dibattimento anteriormente alla pronuncia della sentenza di primo grado: “Non si può, evidentemente, sostenere che la pubblicabilità di un atto viene esclusa per evitare che, attraverso mezzi di informazione, giunga a conoscenza del giudice nel cui fascicolo processuale l'atto è inserito. Come in dottrina è stato osservato, se si considera che nel fascicolo per il dibattimento sono inseriti anche gli atti di prova non rinviabili, ed assunti nella fase predibattimentale ex art. 467 del codice di procedura penale, si arriva all'assurdo di un divieto di pubblicazione diretto ad evitare che il giudice conosca atti da lui stesso compiuti”. La questione di legittimità è stata sollevata dal Gip di Siracusa il quale scrive che, nel caso sottoposto al suo esame, il Pm, a chiusura delle indagini preliminari, ha chiesto l'archiviazione del procedimento penale instaurato nei confronti di alcuni giornalisti indiziati del reato previsto dall'art. 684 del Cp (pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale) in quanto ritiene che gli stessi abbiano legittimamente esercitato il diritto-dovere di cronaca. Ma, ad avviso del Gip, poiché l'avvenuta pubblicazione a mezzo stampa di alcuni passi di registrazioni telefoniche integra un'ipotesi di "pubblicazione parziale" (vietata dall'art. 114, terzo comma, del codice di procedura penale, quando avvenga, come nel caso di specie, prima della sentenza di primo grado), è preliminare ad ogni statuizione di merito - ed assume per ciò stesso rilevanza - la verifica della legittimità costituzionale della norma, essendo evidente l'inconfigurabilità a carico degli indiziati del reato previsto dall'art. 684 del Cp qualora il fatto loro ascritto non possa essere vietato dalla legge ordinaria. E la Consulta ha fatto vincere il diritto di cronaca.
(Leggi in http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=5319).
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