Roma, 20 dicembre 2011. La categoria dei giornalisti «sta sperimentando la durezza di un mondo che non fa sconti a nessuno», dopo «essersi avvalsa di privilegi» anche grazie «alla vicinanza al potere politico». È l'affondo del ministro del Welfare Elsa Fornero davanti alla platea riunita alla Federazione nazionale della stampa per celebrare i 100 anni dalla firma del primo contratto nazionale dei giornalisti, con gli interventi, tra gli altri, del sottosegretario all'editoria Carlo Malinconico e del presidente Fieg Giulio Anselmi. Un convegno che cade nel pieno dello scontro governo-sindacati sull'articolo 18 e che apre un nuovo fronte, con Fnsi, Inpgi e Ordine dei giornalisti schierati insieme contro il ministro. «La competizione vale nei settori produttivi perchè le cose possono essere prodotte da noi o da altri, vale per l'idraulico e vale anche per i giornalisti», avverte Fornero, difendendo la riforma delle pensioni (è «equa») e sottolineando che anche l'Inpgi «ha problemi di sostenibilità, come quasi tutte le altre casse professionali». Enti che dovrebbero pensare non solo ai pensionati di oggi, ma «anche a quelli futuri. Nessuno può chiamarsi fuori dal riordino del sistema previdenziale». I giornalisti «hanno un solo privilegio: quello di guardare da tempo con attenzione alla sostenibilità dei conti per le future pensioni, ai giovani che sono indietro, precari e con stipendi incerti, a tutte le azioni possibili per rimettere in moto il mercato del lavoro», replica il segretario della Fnsi, Franco Siddi. E l'Inpgi «ha messo i conti in ordine prospettico, certificato dai ministeri vigilanti, per 50 anni, aumentando la contribuzione e l'età pensionabile. Non solo: l'Inpgi continua a pagare ingenti costi di ammortizzatori sociali, esonerando lo Stato». Parole «gravi» e «senza riscontro» quelle del ministro anche per la Giunta esecutiva del sindacato, che invita il governo «a ripristinare il metodo del confronto». Sulla stessa linea la componente Fnsi Puntoeacapo, che parla di «attacco immotivato e denigratorio». Insorge anche il presidente dell'Ordine, Enzo Iacopino: «Parlare di privilegi guadagnati grazie ad una collusione con la politica, vista come il male assoluto, significa fare affermazioni lontane mille miglia dalla mortificante realtà in cui operano migliaia di giovani che onorano il dovere costituzionale di garantire ai cittadini il diritto all'informazione». Per il presidente di Inpgi e Adepp, Andrea Camporese, le parole del ministro «denotano non solo la totale mancanza di conoscenza del settore, ma probabilmente logiche che non corrispondono alla verità ma ad un progetto ben preciso che, per correttezza e coerenza, il ministro dovrebbe rendere pubblico evitando di gettare fango e panico infondato su due milioni di professionisti e lavoratori». L'Inpgi «ha conti in linea con le leggi e una sostenibilità certificata dai ministeri del Lavoro e dell'Economia», ribadisce il presidente della Casagit Daniele Cerrato. Qualche apertura arriva dal sottosegretario all'editoria Malinconico: il governo definirà «a gennaio» i nuovi criteri per la ripartizione dei fondi pubblici per il settore, colpito da pesanti tagli. «L'appello lanciato nei giorni scorsi dal presidente della Repubblica - assicura - è la guida per il nostro intervento, che deve tendere alla bonifica del settore, ai risparmi, ma anche alla salvaguardia del pluralismo». Malinconico vedrà «nei prossimi giorni» gli edicolanti, che minacciano una serrata il 27, 28 e 29 dicembre contro la liberalizzazione dei punti vendita. E incontrerà i giornalisti di Liberazione, mobilitati dopo l'annuncio, da parte della Mrc, della sospensione delle pubblicazioni dal primo gennaio. (ANSA).
II discorso dellla ministra nel video ripreso da "Il Fatto Quotidiano" e scaricabile cliccando su:
http://www.youtube.com/watch?v=GGVZR4mZErs),
Siddi: “L’Inpgi con la manovra di luglio ha messo i conti in ordine per 50 anni, aumentando l’età delle donne e anche la contribuzione”.
Roma, 20 dicembre 2011. “I giornalisti, in materia di previdenza, hanno un solo ‘privilegio’: quello di guardare da tempo con attenzione alla sostenibilità dei conti per le future pensioni, ai giovani che sono indietro, precari e con stipendi incerti, a tutte le azioni possibili per rimettere in moto il mercato del lavoro. Lo fanno da tempo ispirandosi alla lezione di un grande statista ed economista liberale, Luigi Einaudi: “conoscere per deliberare”. Lo ha affermato il segretario della Federazione Nazionale della stampa Italiana, Franco Siddi, replicando al ministro Fornero sul sistema previdenziale ‘privilegiato’ dei giornalisti. “Proprio facendo tesoro di questa lezione, la Fnsi, nel luglio scorso, con la Fieg, dando un senso compiuto alle previsioni di legge sulle Casse autonome di previdenza - ha ricordato Siddi- ha stipulato un accordo per la messa in sicurezza dei conti previdenziali dei giornalisti e l’Inpgi, l’Istituto di categoria, ha tempestivamente adottato una opportuna riforma, approvata dal Ministero del Lavoro e dell’Economia. I Ministeri, dai quali su materie cosi delicate, è lecito attendersi una continuità istituzionale, l’hanno giudicata apprezzabile e positiva. “L’emergenza a volte - ha replicato il leader Fnsi alla ministro - non aiuta a trovare il modo di vedere bene come stanno tutte le cose. Capita ai giornalisti nel loro lavoro quotidiano. Oggi, forse, è capitato anche al Ministro Fornero, secondo la quale anche la Cassa dei giornalisti “ha problemi di sostenibilità”. Non è cosi, a meno che il Governo non voglia cambiare completamente i dati di valutazione, come appare da una norma contenuta nella manovra finanziaria che modifica l’asticella degli indici di sostenibilità escludendo i valori patrimoniali. Cosa che non viene chiesta a nessuno, neanche all’ente pubblico che, se solo fosse richiesto di una sostenibilità come quella sollecitata agli istituti privati, dovrebbe dichiarare default. Ebbene, l’Inpgi con la manovra di luglio ha messo i conti in ordine prospettico, certificato dai Ministeri vigilanti, per 50 anni, aumentando la contribuzione e aumentando l’età pensionabile. Non solo: l’Inpgi continua a pagare ingenti costi di ammortizzatori sociali, esonerando lo Stato”. “Sono convinto - ha concluso Siddi- che l’impegno preso dal Ministro di dedicare ad un apposito incontro l’esame di questa situazione e dei problemi del mercato del lavoro dei giornalisti aiuterà un processo democratico di giusta considerazione di tutte le questioni sociali del settore. Non lasceremo nulla di intentato per dare un senso ancora più compiuto alla lezione einaudiana. La Fnsi dal canto suo, dopo 100 anni dal primo contratto di lavoro, continuerà ad avere paziente cura dei diritti sociali della categoria, mai scambiabili come privilegi”. (TMNews)
PENSIONI. FORNERO: “Anche l’Inpgi ha problemi di sostenibilità come quasi tutte le altre casse professionali”.
Roma, 20 dicembre 2011. La cassa di previdenza dei giornalisti «ha problemi di sostenibilità, come quasi tutte le altre casse professionali»: lo ha detto il ministro del Welfare, Elsa Fornero, parlando nel corso del convegno alla Fnsi per il centenario del contratto giornalistico. Secondo il ministro, le casse dovrebbero guardare non solo agli attuali pensionati ma «anche a quelli futuri. Nessuno può chiamarsi fuori - ha detto - dal riordino del sistema previdenziale». (ANSA).
GIORNALISTI. FORNERO: “PRIVILEGIATI PER VICINANZA AL POTERE”
Roma, 20 dicembre 2011. “I giornalisti, svolgono una funzione importantissima, ma hanno goduto di qualche privilegio, probabilmente per la vicinanza al potere politico”. Lo ha affermato il ministro del Lavoro Elsa Fornero intervenendo a un convegno organizzato dalla Fnsi. “La competizione - ha proseguito - vale per le categorie che producono beni, vale per l’idraulico, vale per il giornalista. Anche voi state sperimentando la durezza del mondo che non fa sconti a nessuno, ne’ ai lavoratori della Fiat ne’ a voi”. (AGI)
PENSIONI. FORNERO: “DI PROMESSE FACILI NON CE NE SONO PIÙ. NESSUNO PUÒ TIRARSI FUORI dal RIORDINO”.
Roma, 20 dicembre 2011. «Bisogna dire onestamente e con trasparenza che di promesse facili non ce ne sono più». È il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, a ribadire così, nel corso del suo intervento al convegno organizzato dall'Fnsi, la validità della riforma delle pensioni. In questa direzione va anche il conto corrente contributivo varato dall'Inps, «una foto periodica dei contributi versati da ciascun lavoratore». «Un passo importante verso l'educazione al risparmio previenziale visto che l'unica forme di educazione, fino ad oggi, era quella di qualcuno che in Parlamento si prometteva pensioni più alte finendo così con il pesare inevitabilmente su altri», aggiunge. «Ora le persone sapranno che la loro pensione dipenderà dal lavoro», dice e rivolta ai giornalisti aggiunge: «penso ci sia bisogno di spiegare la riforma pensionistica mentre voi l'avete già archiviata. I tagli ci sono e impongono sacrifici ma ci sono tanti aspetti di equità. Tanti hanno ironizzato sulla sua mancanza, io invece se avessi mezz'ora di tempo potrei spiegarla con un certo ardore», prosegue. D'altra parte, sottolinea ancora, «stiamo sperimentando una durezza del mondo che non fa sconti a nessuno», prosegue rinnovando alla cassa dei giornalisti l'invito ad assorbire la riforma. «La Cassa dei giornalisti ha problemi di sostenibilità come quasi tutte le casse privatizzate. Rispettiamo l'autonomia ma il governo ha il dovere di chiedere che nessuno si tiri fuori dal riordino del sistema previdenziale che non è solo tecnica quanto piuttosto un ridisegno complessivo», prosegue. (Adnkronos)
Pensioni. Iacopino (Odg): “Molto gravi le dichiarazioni della Fornero”
Roma, 20 dicembre 2011. ”Le dichiarazioni fatte dal ministro Fornero nella sede della Fnsi sono molto gravi”, dice Enzo Iacopino, presidente nazionale dell’Odg, in una nota. ”Nascono in tutta evidenza, da informazioni che le vengono fornite da chi nulla sa del lavoro dei giornalisti oggi. Parlare di privilegi guadagnati grazie ad una collusione con la politica, vista come il male assoluto, significa fare affermazioni lontane mille miglia dalla mortificante realta’ in cui operano migliaia di giovani che onorano il dovere costituzionale di garantire ai cittadini il diritto all’informazione. L’Odg e gli altri istituti di categoria non si sottrarranno al dovere di fornire al ministro informazioni corrette cosi’ da risparmiarle il rischio di ripetere le cose sbagliate dette oggi”. (ASCA)
CAMPORESE (INPGI): “INACCETTABILI le parole della FORNERO”
Roma, 20 dicembre 2011. «È gravissimo affermare pubblicamente, come ha fatto oggi il ministro, che le Casse di previdenza private, prendendo ad esempio l'Inpgi, non sono in grado di garantire quella solvibilità a lungo termine necessaria per pagare le future pensioni, sostenendo che i patrimoni andranno a scemare». È la replica di Andrea Camporese, presidente dell'Inpgi e dell'Adepp (l'associazione degli enti previdenziali privati), alle affermazioni del titolare del Welfare Elsa Fornero. «Affermazioni - continua Camporese in una nota - che denotano non solo la totale mancanza di conoscenza del settore, ma probabilmente logiche che non corrispondono alla verità ma ad un progetto ben preciso che, per correttezza e coerenza, il ministro dovrebbe rendere pubblico evitando di gettare fango e panico infondato su 2 milioni di professionisti e lavoratori. È inaccettabile che il ministro dichiari che non le sia stato possibile accedere ai dati sui bilanci. Evidentemente la professoressa Fornero non sa che i bilanci dell'Istituto di previdenza dei giornalisti, da lei accusato, sono pubblicati sul sito dell'Inpgi, dopo essere autorizzati ed approvati da ben 8 organismi di controllo e dallo stesso ministero del Lavoro. Il Ministro forse non è a conoscenza del fatto che l'Inpgi ha recentemente varato una riforma che aumenta i contributi e l'età pensionabile delle donne, garantendo sostenibilità a 50 anni, con un patrimonio sempre crescente a partire dai 2,5 miliardi di euro accantonati». «Il ministro Fornero - dice ancora il presidente dell'Inpgi e dell'Adepp - dimentica che le è stato inoltrato, più di un mese fa ed in anteprima, il primo rapporto sulla previdenza privata redatto ed elaborato dal centro studi dell'Adepp: 300 pagine che contengono tutti i dati che le sarebbero stati utili e le avrebbero così evitato di affermare pubblicamente cose false e sulle quali risponderà in tutte le sedi preposte. Sottolineiamo infine il metodo irrispettoso usato dal ministro Fornero, il quale durante le celebrazione del centenario del primo contratto della Federazione Nazionale della stampa ha rivolto accuse pesantissime e prive di fondamento alle Casse di previdenza, puntando il dito contro la gestione dell'Istituto di previdenza dei giornalisti, avvisando i colleghi di tenersi pronti perchè la mannaia sui privilegi ottenuti anche grazie alla benevolenza ed appoggio politico sarebbe ricaduta anche su loro, non lasciando alcun diritto di replica e disertando la conferenza stampa annunciata. Il ministro - conclude Camporese - ancora una volta non accetta alcun tavolo di confronto, anche se più volte richiesto, rifiuta qualsiasi scambio nel segno del rispetto delle reciproche professionalità, assumendo atteggiamenti che non possono trovare spazio in un Paese fondato sulla democrazia». (ANSA).
CERRATO (CASAGIT) A FORNERO: “SU INPGI DEMAGOGIA”
Roma, 20 dicembre 2011. L'intervento del ministro del Welfare Elsa Fornero al centenario del contratto giornalistico «avrebbe dovuto essere un primo momento di interlocuzione seria su temi delicati quali previdenza e assistenza: è stata invece una doccia fredda». È il commento di Daniele Cerrato, presidente della Casagit, che si dice «molto preoccupato per contenuti e stile». «Le affermazioni del ministro su una situazione non sostenibile dei conti dell'Istituto previdenziale dei giornalisti italiani - continua Cerrato in una nota - dimostrano la volontà demagogica di farci apparire ciò che non siamo e una sostanziale non conoscenza dei fatti. L'Inpgi ha conti in assoluta linea con quanto previsto dalle leggi e una sostenibilità recentemente certificata dai ministeri del Lavoro e dell'Economia. Una tradizione di coerenza contabile, quella del nostro istituto di previdenza, facilmente dimostrabile, realizzata senza mai gravare sui conti pubblici per un solo centesimo e con un patrimonio di riserva accumulato da generazioni di giornalisti italiani. Ma forse proprio in quest'ultimo dato risiede il vero problema». Cerrato auspica «al più presto possibile un incontro vero tra i vertici dell'Inpgi e chiunque, al ministero del Welfare, comprenda e governi bene la materia. Comunque da oggi, e qui ringrazio la professoressa Fornero, la nostra categoria avrà modo di dimostrare con quale compattezza sa difendere il compito che la Costituzione le assegna». (ANSA).
MANOVRA. FORNERO CITA POPPER E DRIBBLA i GIORNALISTI
Roma, 20 dicembre 2011. Il ministro del Welfare Elsa Fornero cita Popper e dribbla i giornalisti. Questa mattina, intervenendo a un convegno della Fnsi sui cento anni del primo contratto nazionale dei giornalisti, di fronte a una selva di telecamere e di fotografi ha ricordato una frase che disse il filosofo a un gruppo di giornalisti ad un convegno: «Ìm blind, deaf and stupid. Please go away». («Sono cieco, sordo e stupido, per favore andate via», ndr). Al termine del convegno Fornero, per la quale era stato annunciato un incontro con i giornalisti nella sala attigua, è andata via lasciando al presidente del nucleo di valutazione della spesa previdenziale, Alberto Brambilla, il compito di tenere la conferenza stampa. (ANSA).
Previdenza giornalisti. Giunta della Fnsi: “Gravi e senza riscontro affermazioni Ministro Fornero. Fondamentale confronto con parti sociali”.
Roma, 20 dicembre 2011. “La Giunta Esecutiva della Fnsi e la Consulta delle Associazioni Regionali di Stampa respingono l’attacco all’autonomia dell’Inpgi e alla professione, che non vive di privilegi ed è impegnata al contrario a contrastare un lavoro sempre più precario. L’Istituto di previdenza dei giornalisti – l’Inpgi – ha già messo in atto con il concorso delle parti sociali manovre sulle entrate le prestazioni previdenziali, la valorizzazione del patrimonio e l’efficienza della gestione che consentono una sostenibilità dei propri bilanci e della propria missione anche nel lungo periodo. Per questa ragione risulta sorprendentemente grave l’affermazione del Ministro del Lavoro, professoressa Elsa Fornero, relativa ad una presunta insostenibilità dei conti dell’Inpgi. Affermazione resa pubblicamente e non suffragata da alcun riscontro che contraddice quanto costantemente verificato e certificato dallo stesso ministero del Lavoro i cui rappresentanti siedono nel consiglio di amministrazione dell’Istituto. La Giunta della Fnsi invita il Governo ad evitare contrapposizioni pregiudiziali e a ripristinare il metodo del confronto con le parti sociali e con gli organismi degli enti previdenziali privati ma vigilati. E’ questa l’unica strada per evitare al Paese costi che non potrebbero essere imputati ad una crisi che investe tutti i settori e i comparti e non risparmia quello dell’informazione”. (www.fnsi.it)
EDITORIA. ANSELMI: “SÌ a Contratto collettivo, ma servono anche flessibilità e qualità. La qualità dei giornalisti è la condizione per salvare l’informazione”.
Roma, 20 dicembre 2011. Il contratto collettivo nel settore giornalistico «è garanzia di concorrenza leale», ma servono anche «flessibilità» e «qualità»: è la linea indicata dal presidente della Fieg e dell'ANSA, Giulio Anselmi, nel suo intervento al convegno organizzato oggi a Roma nella sede della Fnsi sui 100 anni del contratto di lavoro giornalistico. «La contrattazione collettiva - ha sottolineato Anselmi, al suo primo intervento pubblico come presidente della Federazione degli editori - è un bene collettivo per i giornalisti, ma anche per gli editori, perchè è garanzia di concorrenza leale. In una situazione di crisi è frequente che ci siano aziende in cui i rapporti di lavoro sono falsati» o «sedicenti cooperative in cui la tutela del lavoro non è sufficiente e questo diventa elemento di falsificazione della concorrenza. Ecco perchè - ha detto ancora Anselmi - nel mondo editoriale non si trovano tanto accenti marchionniani, quanto piuttosto la preoccupazione per una contrattazione collettiva che punti solo sugli elementi premiali e non sulla qualità». Dunque, per il presidente della Fieg, «contrattazione collettiva sì, ma anche, come richiede il momento, elasticità e flessibilità, intesa non come strumento per aggirare i diritti, ma per rendere più agili le aziende e più facile il lavoro dei giornalisti, specie sul terreno della multimedialità e delle nuove tecnologie. Le aziende devono poter mettere in atto una contrattazione aziendale che consenta loro di stare sul mercato». Centrale, per Anselmi, è anche la qualità: «C'è bisogno di nuove figure professionali: siamo inchiodati a figure professionali arcaiche, adatte ai tempi in cui Barzini andava in macchina da Pechino a Parigi». Ma soprattutto c'è bisogno di «avere buoni giornalisti, che è la condizione per la salvezza dell'informazione. Appena sono diventato presidente Fieg - ha detto Anselmi - ho sottolineato la centralità della carta stampata, che vuol dire anche adeguarsi ai tempi praticando la multimedialità. Ma non basta declinare l'informazione su media diversi perchè diventi buona: è essenziale lavorare tanto, e senza retorica, sulla qualità dei giornalisti».(ANSA).
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Manovra “Salva Italia” (dl 201/2011, art 24, c 24).
Le casse (Inpgi compreso)
guadagnano tre mesi:
entro il 30 giugno dovranno
presentare il bilancio
tecnico riferito a un arco
temporale di cinquanta anni.
“Decorso il termine del 30 giugno 2012 senza l'adozione dei previsti provvedimenti, ovvero nel caso di parere negativo dei Ministeri vigilanti, si applicano, con decorrenza dal 1° gennaio 2012: a) le disposizioni di cui al comma 2 del presente articolo sull'applicazione del pro-rata agli iscritti alle relative gestioni; b) un contributo di solidarietà, per gli anni 2012 e 2013, a carico dei pensionati nella misura dell'1 per cento”. I PRESIDENTI DEGLI ENTI ADERENTI ALL’ADEPP: CONTINUEREMO A SOSTENERE LE NOSTRE RAGIONI. FIMMG: “AGITAZIONE CONTRO le NORME sulle CASSE PREVIDENZIALI. Il Governo vuole appropriarsi del patrimonio degli enti”.
In http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=7959
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Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro dei Giornalisti (1911 – 2011)
Un secolo per la civiltà del lavoro
L’intervento commemorativo del Segretario generale Franco Siddi
In questi ultimi mesi l’Italia ha preso atto di una grave crisi finanziaria ed economica e dell’impoverimento del Paese. E’ tempo di sacrifici ma è anche tempo di guardare al futuro per una nuova fase di sviluppo e di democrazia.
La civiltà del lavoro ci offre una grande eredità, un patrimonio di risorse, bagaglio di una convivenza difficile eppure dinamica e positiva che risiede anzitutto nei contratti collettivi di lavoro; in un’opera, cioè, delicata e nello stesso tempo essenziale che si scrive insieme tra parti sociali e che nessuno può immaginare di scrivere da solo per un’altra parte.
Per la Fnsi i primi cent’anni del contratto collettivo nazionale di lavoro giornalistico, il primo del movimento dei lavoratori in Italia, sono un traguardo che apre verso nuove mete, per superare i disagi di chi più di tutti patisce le conseguenze della crisi e per interpretare correttamente, nel ciclico necessario rinnovo, di un’antica convenzione del lavoro, le nuove esigenze di promozione sociale, di responsabilità e diritti.
La “convenzione” siglata il 17 dicembre del 1911, cento anni fa, da giornalisti e editori continua a mantenere intatta la sua attualità, la sua forza e la sua identità, professionale, morale e il suo valore regolatore di un sistema molto delicato come quello della stampa. Il contratto è oggi espressione di legalità costituzionale, elemento di convivenza, strumento di una società dinamica come quella dell’informazione.
Da quel 1911 il contratto collettivo nazionale in Italia lega insieme garanzie economiche e libertà: due poli che, per il mondo dei media, sono la bussola permanente di riferimento anche davanti ad un futuro denso di incognite che oggi dobbiamo affrontare.
Abbiamo attraversato un secolo talmente inquieto e tormentato che solo la consapevolezza delle nostre radici ci consente di continuare a lavorare guardando in avanti, grazie a un lascito che non è pura memoria retorica ma energia viva per un giornalismo che sa essere libero, credibile, responsabile della funzione storica di pilastro fondante delle democrazie.
L’idea dell’informazione come bene della società non è una semplice operazione economico-funzionale a questo o a quel potere ma è un obiettivo di tutti. Sottolineo di tutti ed è per questo che il nostro contratto, storicamente non solo rivolto a garantire i salari giusti indispensabili per un giornalismo libero, è un piano regolatore per tutelare tutti dagli abusi e dalle scorrerie. Non basta, ma le circostanze ci dimostrano che senza questa carta, tutti, non solo i giornalisti, saremmo ancora poveri e più deboli.
All’indomani della seconda guerra mondiale il tema dei contratti di lavoro, come oggi, alimentava il dibattito politico. Il nodo riguardava il ruolo del sindacato, il suo riconoscimento giuridico e la validità erga omnes del contratto collettivo.
Giulio Pastore, uno dei padri del sindacalismo cattolico solidaristico e di interesse nazionale, pose con forza la questione dei contratti di categoria come strumenti per superare gli squilibri interaziendali e di territorio.
Federico Mancini, giurista, uomo del sindacalismo di ispirazione e formazione socialista, sosteneva che il contratto è lo strumento per evitare il cosiddetto corporativismo di associazione che può diventare corporativismo aziendale e territoriale. Ma la contrattazione di categoria è utile per lo sviluppo e la coesione del Paese, quale strumento che stabilisce, con responsabilità, gli obiettivi irrinunciabili di valore e peso economico e sociale. In altri termini, allora, su questa filosofia, potevano nascere sistemi di welfare, sulla base di principi universali, per l’assistenza malattia, come per il diritto all’abitazione. Si pensi all’Inam e alla Gescal, alimentati anche dal contributo dei lavoratori. Quella lezione è ancora attuale oggi, tanto più se la intrecciamo con il nostro vissuto, fatto di una contrattazione che dà sostanza a un sistema di welfare specifico e di valore universale per la categoria dei giornalisti: Inpgi e Casagit sono fiori all’occhiello di una esperienza a cui non solo siamo intimamente legati ma a cui non vogliamo rinunciare, perché si tratta di un welfare, voluto dalle categorie e condiviso dal mondo di settore, che garantisce coerenza tra obiettivi salariali e di coesione di welfare professionale.
Oggi il contratto deve diventare lo strumento per realizzare un grande patto tra produttori per il lavoro e per l’innovazione, nel rispetto della democrazia, nella considerazione che l’impresa editoriale e il lavoro giornalistico siano strettamente collegati con la democrazia, come non capita in nessun altro processo produttivo. La Federazione della Stampa vanta un primato, ma sa che la categoria, il mondo del lavoro tutto hanno bisogno sulla materia dei contratti di grande innovazione e soprattutto di continuità per quanto riguarda la dignità che deve essere riconosciuta al lavoro, ai diritti delle persone, alle buste paghe e oggi, anche nel mondo dei media, alla lotta al precariato, tema centrale per il mondo del lavoro nell’epoca moderna.
Fare i contratti e rinnovarli non è facile, e mai lo è stato. Eppure la storia e la natura del contratto collettivo nazionale richiama il modello di sviluppo del Paese e del suo welfare, del sistema di garanzie e regole fondamentali e per promuovere e regolare lo sviluppo: in assenza, non c’è un meccanismo sufficiente, neanche quello più veramente tecnico- efficentista, che garantisca crescita di sistema.
E le buste paga povere segnano l’allarme, oggi per migliaia e migliaia di giornalisti, moltissimi giovani ancora tali a 40 anni, perché ancora in cerca di un lavoro stabile. Peggio ancora per migliaia di precari e freelance.
C’è chi talvolta pensa che il contratto, soprattutto quello nazionale, sia pure da superare, anche perché è vissuto come occasione di conflitto e per gli ultra liberisti è ritenuto anti moderno. Ma nessuno può far passare per moderno il ritorno di anticaglia in cui decide il padrone se e quando darti qualche euro in più.
La Fnsi, con i contratti stipulati con gli editori, ha anticipato e governato i cambiamenti preservando (o cercando di farlo) la qualità del lavoro del giornalista, il contenuto editoriale finalizzato alla produzione di un bene speciale quale è l’informazione. Non siamo marziani, ma stiamo dentro i processi del lavoro e del cambiamento. Non abbiamo bisogno di ricordarci continuamente da dove siamo partiti. Abbiamo bisogno di sapere però dove e perché sono state messe le nostre fondamenta: “ Una linea di accordo nell’interesse comune” come venne definita l’intesa del 1911, nella convinzione che la strada migliore da percorrere fosse una convenzione privata” la quale stabilisca alcune norme fondamentali regolatrici tra giornalisti e proprietari di giornali”.
Come non richiamare allora quelle definizioni che erano la premessa all’inammissibilità ai contratti a termine senza diritti in caso di risoluzione del rapporto, il riconoscimento della qualifica di redattore, la regolamentazione di trattamento dei collaboratori e degli articolisti, e indennità mobili, il periodo di prova di sei mesi, le disposizioni a favore del giornalista colpito da malattia, il preavviso, l’anzianità professionale, l’apertura al trattamento pensionistico, l’autonomia del direttore? E se in quel momento il contratto era salutato come uno strumento di tutela del “proletariato del giornalismo”, non vi è dubbio che quei titoli e quelle materie siano diventati paradigmi per il mondo del lavoro tutto e il contratto nazionale è la prima base per superare le condizioni di “insicurezza di impiego e soggezione economica”, causate da contratti a termine di breve scadenza rinnovati spesso senza dar luogo a stabilità o peggio da rapporti di collaborazione senza garanzie.
Su questi ultimi punti il contratto da solo non basta, se - come accade oggi il quadro del diritto del lavoro “innovato” negli ultimi anni è debole e favorisce, in nome di una malintesa flessibilità, la precarietà. Ecco perché tornare al contratto collettivo significa anche combattere lo sfruttamento. Con il contratto collettivo il tema fondante è quello della solidarietà in connessione con l’organizzazione del lavoro, della sua industria, delle sue imprese.
In una società competitiva come la nostra, per noi il contratto è una carta inclusiva. L’Inpgi oggi va considerato in questo contesto, con la sua specificità, la sua caratteristica di istituto pensionistico di categoria professionale. Va curato bene, come la nostra dirigenza sta facendo, per assicurare stabilità della sua missione nel tempo lungo. Ma non può essere stressato da norme che ne modifichino caratteri e consistenza. 50 anni di sostenibilità richiesta nella manovra del Governo, senza contare i valori di crescita del patrimonio, sono oggettivamente una misura che non possiamo condividere. L’obiettivo giusto di garanzia di sistema di controllo pubblico su un ente come l’Inpgi non può essere immaginato prevedendo sistemi di proiezione della sostenibilità alzando l’asticella dell’unità di misura come non si fa neppure nel sistema pubblico.
Nel 1996 il Governo, in un’altra situazione difficile, pensò di potersi impadronire del patrimonio della casse autonome. La vicenda si risolse con un prelievo forzoso, restituito più avanti. Oggi c’è il rischio che alzando l’asticella della cosiddetta “sostenibilità”, si vada fuori da quella linea di sussidiarietà delle autonomie sociali finalizzata ad assicurare funzioni di solidarietà e coesione come è nello spirito della Costituzione e delle leggi europee. In una condizione di dinamismo e di efficienza si rischia di passare a un peggioramento delle coperture previdenziali nell’ambito della società italiana senza che ci sia un reale motivo. Almeno per quanto riguarda la condizione della nostra categoria, per la quale proprio di recente abbiamo fatto importanti sacrifici e decisive scelte – insieme con gli editori - non solo di riequilibrio dei conti ma di impostazione di welfare professionale che guarda anche alle possibilità di rimettere in moto il mercato del lavoro e dare una spinta all’innovazione da parte delle imprese, dalle quali si aspetta una risposta coerente e significativa.
Oggi si parla molto di modifica del modello contrattuale; soprattutto, e a sproposito di flessibilità. Ma la flessibilità – come detto – non può essere precarietà, non può essere contratti per buoni o cattivi, per aree sviluppate e aree sottosviluppate. La nostra non è una battaglia privata.
I soggetti interessati, anche quelli costituzionali, al consolidamento dei valori democratici debbono essere attenti, perciò, oltre che al mantenimento delle specifiche autonomie dei giornalisti anche agli istituti che debbano garantirli.
Ci rifiutiamo di immaginare una società che viaggi e che tenga i lavoratori a diverse velocità: come i garantiti da impoverire o comunque da mettere sotto controllo e quelli non garantiti da sfruttare comunque.
Grazie al contratto ci siamo attrezzati al meglio in questi anni di impetuosa rivoluzione industriale e tecnologica, di impoverimento economico, non per il male minore, ma per evitare i disastri sociali e creare un tavolo regolatore comune per determinare condizioni di sviluppo, che hanno bisogno di soggetti protagonisti, in primo luogo imprenditori avveduti, che scommettano sulla produzione e i suoi valori, sull’innovazione, sui loro lavoratori: abbiano bisogno, cioè, di imprenditori onesti e di lavoratori qualificati e impegnati.
Contrattazione inclusiva quindi quella di carattere nazionale, che consideriamo nostra carta di identità. Dal 1911 in poi è sempre stato cosi. E per sperimentare vie nuove abbiamo anche corso legittimi rischi e pagato dei prezzi: salari di ingresso, decontribuzione, li abbiamo provati non molto tempo addietro e oggi li riproponiamo in forma nuova solo per il lavoro a tempo indeterminato avendo osservato che la risposta del mondo delle imprese non era stata sempre corrispondente alle attese, avendo esse, in passato, privilegiato i rapporti di lavoro precari e a termine a fronte delle misure di agevolazione: caratteristiche che sono non più sostenibili.
Il dibattito di oggi è se davvero sia immaginabile tutelare diritti universali riducendoli ad alcuni che li hanno (per esempio i cosiddetti garantiti) per ridistribuirne agli altri. Non è la prima volta che appare questa linea che applica una condizione quantitativa alla categoria dei diritti (salari, salute e previdenza). Ma immaginare che sia possibile quantificare l’entità di questi diritti non significa considerare i cittadini lavoratori utenti e poco persone e comunità.
Non possiamo valutare quindi in ordine meramente economico i diritti essenziali del lavoro.
C’è certo un problema qualità-quantità. E ciò non significa che non occorra tenere conto delle sostenibilità di sistema. Ma ciò non significa che la questione si possa risolvere riducendo, appunto, i diritti.
Questo atteggiamento corrisponde a quella che Cesare Pavese, nel suo saggio su l’Antologia di Lee Masters (“Spoon River”), definiva “la grande angoscia americana”, che sostanzialmente è l’assenza in America di forme di pensiero che funzionino secondo valori e criteri universali: “Pensare per valori e criteri universali – sottolinea Pavese - significa far parte di una società dove non siano, come credono gli sciocchi, aboliti il dolore, l’angoscia spirituale e fisica, la problematicità della vita, ma esistano gli strumenti per condurre una comune, concorde lotta contro il dolore, la miseria, la morte. Lee Masters testimonia con l’antologia che la società con cui si è trovata a vivere manca di questi strumenti, di questi valori universali, in altre parole che essa ha perso il senso e la guida dei suoi atti.”
Oggi la crisi pone tante domande, la stampa ne è voce e portavoce. Evidenzia dubbi e privilegi ed essa stessa è, spesso, accusata di vivere di privilegi. Chi sta con serietà in questo settore non reclama privilegi ma soltanto maggiore equità, tenuta sociale, dinamismo. Pensare ancora alla modernità di contratti collettivi di lavoro come condizione di diritti e valori universali, come principi della tutela e della promozione sociale culturale di tutti significa stare nel mondo presente e essere già dentro il futuro.
Ne va del diritto dei cittadini alla dignità e, per quanto ci riguarda, alla libertà. Ne va anche della libertà del mercato, che senza piani regolatori non è libero e non è vero mercato.
Troviamo alimento e valore nelle considerazioni del Manifesto dell’Unione Nazionale di Giovanni Amendola del 18 novembre del 1924 che suona ancora come monito per tutti i soggetti sociali e istituzionali: “Nel quadro di una vita nazionale fondata sulle restaurate libertà - private, politiche ed economiche - i promotori dell'Unione assegnano consapevolmente un posto eminente alle libertà che si ricollegano alla vita del lavoro. Respinte, come utopie retrive, incivili ed antieconomiche, le pretese di incatenare al capriccio di un sistema politico o al tornaconto di capitalisti o di imprenditori miopi, la legittima difesa e la contrattazione del lavoro, essi affermano che la libertà dell'organizzazione del lavoro e dell'azione sindacale, entro i limiti della legge, è sacra quanto ogni altra libertà, e rappresenta non soltanto un diritto dei lavoratori, ma altresì un interesse della produzione e perciò un interesse nazionale.”
Consolidare il contratto allora oggi è un compito che ci è ancora richiesto, ci è richiesto anche per il nostro welfare, che resiste in quanto non è legato a una infinità di situazioni contrattuali parcellizzate. Mi soccorre ancora la stingente attualità del Manifesto dell’Unione Nazionale di Giovanni Amendola del 1924:
Sulla duplice base della libertà sindacale e della legalità, l'Italia deve tornare, senza esitazione e senza ritardo, a quella politica di progressiva ed intima associazione dei lavoratori alla vita dello Stato che fu il segreto della sua crescente prosperità e forza politica prima della guerra, e pose lo Stato italiano in condizione di affrontare la maggiore prova della nostra storia.”
Ecco; difendere le regole fondamentali, le condizioni di un lavoro professionale libero al servizio dei cittadini e del loro diritto ad esse correttamente e compiutamente informati è compito di estrema qualità e attualità.
Franco Siddi
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GIORNALISTI: 100 ANNI CONTRATTO, la SFIDA oggi è la FLESSIBILITA’ - SIDDI: E’ la BUSSOLA del SISTEMA. ANSELMI: SERVONO ELASTICITA’ E QUALITA’
di Angela Majoli-ANSA
Roma, 20 dicembre 2011. A 100 anni dalla prima Convenzione d’opera giornalistica - firmata il 17 dicembre 1911 - il contratto dei giornalisti resta “una bussola per il sistema dei media”, dice il segretario della Fnsi Franco Siddi, ma deve affrontare le sfide della “flessibilità” e della “qualità”, incalza il presidente della Fieg Giulio Anselmi. L’anniversario è occasione di confronto tra giornalisti, editori e governo, con il ministro del Welfare Elsa Fornero e il sottosegretario all’editoria Carlo Malinconico. “C’é chi pensa che il contratto sia da superare, perché è vissuto come occasione di conflitto e per gli ultra liberisti è anti moderno. Ma nessuno può far passare per moderno il ritorno di anticaglia in cui decide il padrone se e quando darti qualche euro in più”, sottolinea Siddi, convinto che il contratto giornalistico sia piuttosto “garanzia di libertà” e conservi “intatta la sua autorità, forza, identità e il suo valore regolatore”. Poi avverte: “Si parla di modifica del modello contrattuale e soprattutto, e a sproposito, di flessibilità. Ma la flessibilità non può essere precarietà”. La sfida si gioca anche su questo fronte. “Contrattazione collettiva sì”, in quanto “garanzia di concorrenza leale”, sottolinea Anselmi, ma anche “elasticità e flessibilità, intesa non come strumento per aggirare i diritti, ma per rendere più agili le aziende e più facile il lavoro dei giornalisti, specie sul terreno della multimedialità e delle nuove tecnologie. Le aziende devono poter mettere in atto una contrattazione aziendale che consenta loro di stare sul mercato”. Centrale, per il presidente della Fieg e dell’ANSA, anche la qualità: “Avere buoni giornalisti è la condizione per la salvezza dell’informazione”. “Il sindacato - replica il presidente della Fnsi Roberto Natale - non ha il timore di affrontare questa sfida, ma qualità non vuol dire pagare 3 euro a pezzo o 50 centesimi a riga”. E il contratto nazionale non si tocca: “I forti si tutelano da soli: Rai, Mediaset, Corriere, Repubblica, Stampa e Messaggero l’integrativo se lo negoziano. Il contratto nazionale serve a tutelare i deboli”, conclude Natale. A riconoscere l’attualità del contratto anche Malinconico, che in veste di presidente Fieg ha negoziato con la Fnsi l’ultimo accordo: “Nel passato è stato strumento prezioso e nella sua versione più recente ha dimostrato apertura alle novità del lavoro giornalistico e vitalità”. (ANSA).