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CARLO GUBITOSA SCRIVE
A FRANCO ABRUZZO:
“Tutti i pubblicisti precari
facciano l’esame di Stato”.
Franco Abruzzo: “L’eliminazione
dell’Albo dei pubblicisti
non è una mia proposta, ma la
conseguenza di una legge
del Governo Berlusconi”.
In coda risposta in sei punti.

Salve Francesco, ho letto le tue proposte per la riforma della professione giornalistica (cfr http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=7980)


 e ti scrivo una lettera aperta per chiederti pubblicamente una cosa molto semplice:


Il giornalismo è un mestiere che presuppone alcune conoscenze e il rispetto di alcune regole o e' un lavoro mercenario che presuppone sempre un compenso?


Se giornalista è anche chi conosce le regole di un mestiere, e non soltanto chi percepisce denaro per ciò che scrive, nella prospettiva di una abolizione dell'albo pubblicisti mi sembra ingiusto ammettere all'esame di stato solo chi puo' dimostrare di "vivere di giornalismo", perche' questa proibizione e' un ulteriore schiaffo in faccia a chi lavora in nero, una vera e propria discriminazione di censo che penalizza i precari, gli invisibili, le migliaia di colleghi che vengono tenuti a casa a lavorare via internet e pagati a volte meno di un euro a pezzo..


Chiunque sia iscritto all'albo dei pubblicisti dovrebbe essere ammesso a sostenere l'esame di stato, perché non si può sapere a priori quali sono le mille cause che impediscono a un pubblicista di mettere assieme uno stipendio o di poter dimostrare un reddito, e tra queste va tenuto in debita considerazione il lavoro nero e sottopagato.


L'unica discriminante tra uno che diventa professionista e uno che rimane pubblicista dopo aver sostenuto un esame di stato dovrebbe essere il livello di conoscenze deontologiche e professionali da cui deriva la promozione o la bocciatura all'esame, e non la busta paga più o meno gonfia.


Tu che discetti da anni di leggi, diritto e costituzione dovresti capire facilmente che subordinare qualunque attestazione professionale ad un determinato livello di reddito è palesemente incostituzionale.


Secondo i tuoi principi di "giustizia" gli ingegneri e gli avvocati possono fare un esame di stato anche senza aver mai guadagnato un centesimo, come di fatto avviene, ma i pubblicisti precari che lavorano in nero o non hanno potuto mettere assieme un reddito sufficiente devono essere banditi dagli esami di stato per giornalisti professionisti.


Sai qual è l'impressione? Che la generazione anziana e tutelata che ha lavorato con mille privilegi e tutele voglia offrire come offerta sacrificale alla macelleria sociale del governo la testa dei giovani giornalisti, quelli che non potranno mai piu' avere un tesserino da pubblicista perche' si chiuderanno le iscrizioni all'albo dei pubblicisti e quelli che non potranno mai diventare professionisti perche' ormai anche i contratti da praticante sono diventati roba di lusso destinata a pochi fortunati o a chi ha fatto anni di gavetta in una redazione, magari pagato in nero o non pagato affatto.


I veri costi da eliminare, caro Abruzzo, non sono le minime garanzie date alle nuove generazioni precarie che ora si vorrebbero comprimere ulteriormente, ma sono i tremendi privilegi riconosciuti alla tua generazione, che adesso vorrebbe sbarazzarsi di giovani giornalisti di fatto e degli ingombranti pubblicisti come se la zavorra del paese non fossero i vostri privilegi, ma i nostri contributi versati all'Inpgi, le nostre quote di iscrizione all'albo dei pubblicisti, le nostre situazioni di precariato e sfruttamento, i nostri contributi non versati che restano nelle tasche degli editori.


Ti ho già sfidato più volte a fare un semplice esperimento: prendi una qualunque testata online regolarmente registrata che fa profitti sul web, leggi le firme di chi scrive e controlla se quei nomi compaiono o no nell'elenco dei professionisti. Io scommetto che più della metà non saranno presenti. E allora per dimostrare di essere giornalisti bisogna per forza aver "fatto i soldi" o pensi che anche i pubblicisti sfruttati possano essere degni di sostenere un esame di stato? Per un esperto di diritto e di giornalismo come te la risposta non dovrebbe essere difficile.


Qui fuori, dove lottiamo per strappare paghe da miseria, c'e' una generazione di giornalisti che avrà memoria del tradimento della tua generazione a danno dei giovani precari, una generazione che lotta ogni giorno per paghe da fame, si sente abbandonata dai sindacati, dall'ordine dei giornalisti e dalle vecchie glorie dell'informazione come te, una generazione che ha imparato a lavorare da casa senza redazione, senza mazzette di giornali sotto il braccio, senza tutele, senza prospettive e spesso anche senza paga e senza diritti. Se sara' necessario, impareremo a lavorare anche senza tesserino, come fanno gia' migliaia di colleghi invisibili all'ordine professionale perche' pagati in nero o comunque sfruttati. Potremo offrire meno tutela alle nostre fonti, ci sarà più difficile accedere alle informazioni, potranno arrestarci nelle manifestazioni senza nessun riguardo al nostro ruolo, ma comunque resteremo sempre e comunque giornalisti. Magari la prova della nostra professionalità non sarà più un tesserino che avremo in tasca, e la patente di giornalista ce la conquisteremo ogni giorno, ogni volta che in una redazione qualche vecchia cariatide col contratto blindato, lo stipendio d'oro e il "culodipietra" sprofondato in poltrona ci chiederà un articolo perché a forza di campare sul lavoro degli altri ormai ha dimenticato come si fa a scriverne uno.


I miei piu' cordiali saluti


Dott. Ing. Carlo Gubitosa


Direttore Responsabile della rivista Mamma! (www.mamma.am - Se ci leggi e giornalismo, se ci quereli è satira).


Giornalista Pubblicista che suo malgrado non vive di ciò che scrive perchè a parità di prestazioni lo pagano un decimo di quanto lo pagavano dieci anni fa.


Testo in http://www.giornalismi.info/gubi/articoli/art_9337.html


La risposta in 6 punti:



  1. a Carlo Gubitosa sfugge che quella di giornalista è una professione intellettuale che si può svolgere in due modi come ha affermato l’Europa per tutte le professioni: da dipendente o da autonomo.  Dare del “mercenario” a chi svolge una professione è soltanto un fatto provocatorio, e, quindi, inutile. Lavorare gratuitamente si può, ma chi lo fa  è un dilettante o un volontario.

  2. “Ammettere tutti i pubblicisti all’esame di Stato”? Anche quelli che lavorano svolgendo altre professioni, altri impieghi o altri mestieri? O solo quelli precari, che lavorano da giornalisti e che sono pagati malissimo da editori senza scrupoli? La subordinazione dell’ammissione all’esame di Stato al reddito è solo un metodo per ricavarne una regola empirica: fanno l’esame di Stato coloro che vivono di giornalismo,  e non tutti, perché nell’esercito dei pubblicisti figurano anche coloro che scrivono per diletto due articoletti all’anno. “Anche i pubblicisti sfruttati possano essere degni di sostenere un esame di stato?” Chi si prenda la briga di esaminare gli atti dell’Ordine di Milano dal maggio 1989 al giugno 2007 si renderà conto che  questo principio è stato rispettato sul presupposto che chi lavora intensamente ed è pagato poco non deve pagare  due volte l’irresponsabilità degli editori.

  3.  “Gli ingegneri e gli avvocati possono fare un esame di stato anche senza aver mai guadagnato un centesimo”. Ciò accade perché gli stessi hanno una laurea specifica alle spalle, che presuppone  l’esame di Stato per l’abilitazione alla professione  (ex  art. 33, comma V, della Costituzione).

  4. “Il tradimento della tua generazione”. Da presidente dell’Ordine di Milano, come è noto alle masse, ha attuato una politica aperta e trasparente. Forse perché sono stato il primo praticante d’ufficio d’Italia negli anni Sessanta (“abusivo” a “Il Giorno”). Oggi Fnsi e  Ordine sbarrano la strada ai precari perché  “i professionisti sono troppi”.

  5. “Per riformare la professione di giornalista, l'ex presidente dell'OdG della Lombardia vuole togliere riconoscimenti e tutele a chi ne ha di meno”: questa è una infamia  e una calunnia  contro chi ha pagato prezzi inauditi per diventare professionista dopo anni di sfruttamento. e che da presidente dell’Ordine di Milano ha portato avanti una linea a tutela dei giornalisti “deboli”. Non si può addossare  ad Abruzzo le conseguenze di una legge (dl 138/2011 convertito con la legge 148/2011) votata dal Parlamento e che  elimina l’Albo dei pubblicisti, in quanto gli stessi non svolgono il praticantato e non sostengono l’esame di Stato. Abruzzo ha suggerito il recupero dell’Albo dei pubblicisti  come “Albo ad esaurimento”.

  6. Nei piccoli e grandi giornali firmano “non giornalisti”. Si tratta spesso di persone che scrivono per almeno due anni al fine di potersi poi iscrivere nell’Albo dei pubblicisti (art.  35 della legge 69/1963)


ARTICOLI CORRELATI


In http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=7489 -  Pubblicisti Ko


In http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=7691 –Leggi 2011/professioni


In http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=7710 –Laurea abilitante


In http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=7980 – Proposta Abruzzo/Dpr


In http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=7949 – dl 201-“aggiustato”


 





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