CASS. SS.UU. sent. 22623/10 sulla compatibilità tra insegnamento ed attività forense. Cade un altro paletto della centenaria regolamentazione della professione forense. La Suprema Corte ribalta la posizione del Consiglio forense sulla compatibilità tra insegnamento e professione forense. On coda Il testo integrale della sentenza
La sentenza reca il n. 22623/10 ed è stata pubblicata l'8 novembre 2010 ed afferiva alla pretesa di un insegnante di scuola elementare che, avendo superato l'esame di avvocato, aveva inoltrato istanza di iscrizione al relativo albo tenuto dal Consiglio dell'Ordine di Siena che provvedeva al rigetto sotto il profilo di incompatibilità tra dipendente statale e libera professione. Medesima sorte conseguiva il ricorrente anche davanti al Consiglio Nazionale Forense con il motivato rinvio all'art. 3 del regio decreto legge n. 1578/1933 che individua le eccezioni (l'insegnamento universitario e presso gli istituti superiori) all'incompatibilità e tra le quali non è annoverata quella di insegnante elementare.
La Corte (investita a Sezioni Unite attesa la novità della questione) ha fondato diverso atteggiamento in base ad una lettura costituzionalmente orientata della norma e ad una sua interpretazione estensiva. Sul piano della legittimità costituzionale è stata richiamata una decisione della Consulta (390/2006) con cui l'eccezione al regime delle incompatibilità era stata posta in rapporto al principio costituzionale della libertà dall'insegnamento, pervenendo alla conclusione che tanto il rapporto di impiego, quanto il vincolo di subordinazione da esso derivante non possano ritenersi incidenti sull'insegnamento e men che meno sulla libertà richiesta dall'esercizio della professione forense.
E' quindi da ritenersi irragionevole (secondo la Corte) il limite indicato dalla norma sopra richiamata che limita quindi l'eccezione ai soli docenti universitari ed agli insegnanti degli istituti superiori, stante la medesima libertà anche dell'insegnante di scuola elementare.
La funzione docente, in qualsiasi grado, è intesa come esplicazione essenziale dell'attività di trasmissione della cultura, di contributo alla elaborazione di essa e di impulso alla partecipazione dei giovani a tale processo ed alla formazione umana e critica della loro personalità.
Il testo integrale della sentenza.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Paolo VITTORIA - Presidente Aggiunto -
Dott. Roberto PREDEN - Pres. di sezione -
Dott. Enrico ALTIERI - Pres. di sezione -
Dott. Francesco Maria FIORETTI - Consigliere -
Dott. Luigi MACIOCE - Consigliere -
Dott. Ettore Bucciante - Consigliere -
Dott. Vincenzo DI CERBO - Consigliere -
Dott. Roberta VIVALDI - Consigliere -
Dott. Raffaele BOTTA - Rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
........ elettivamente domiciliata in Roma, via ...... presso l'avv. ....., che, unitamente all'avv. ...... la rappresenta e difende, giusta delega in calce al presente ricorso;
- ricorrente -
contro
Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Siena, in persona del legale rappresentante pro tempore;
Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione;
-intimati-
Avverso la decisione del Consiglio Nazionale Forense n. 157/09 (procedimento R.G. 227/08) del 23 aprile 2009, depositata il 17 dicembre 2009, notificata il 9 febbraio 2010;
Udito l'avv. .... per delega per la ricorrente;
Udita la relazione svolta nella Pubbblica Udienza del 12 ottobre 2010 dal Consigliere Dott. Raffaele Botta;
Udito il P.G. nella persona dell'Avvocato Generale Domenico Iannelli, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso e in subordine per la questione di costituzionalità.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con il primo motivo si censura, sotto il profilo della violazione di legge, la decisione impugnata, laddove ha ritenuto la inequivoca capacità ostativa della norma espressa dall'art. 3, comma 4, lettera a), R.D.L. n. 1578 del 1933, con la quale il legislatore avrebbe prescritto dai commi precedenti della medesima disposizione, limitando tali situazioni solo a quelle dei docenti universitari e degli insegnanti degli istituti secondari dello Stato.
2. La ricorrente sostanzialmente contesta la ragionevolezza della limitazione, rilevando l'assenza di una distinzione, quanto alla funzione esercitata, tra insegnante della scuola elementare e insegnante di istituto secondario, ed evidenziando la possibilità della interpretazione estensiva di una norma "eccezionale"; in subordine, con il secondo motivo, per l'ipotesi che non venisse ritenuta possibile una diversa ricostruzione del contenuto normativo denunciato, la ricorrente solleva eccezione di legittimità costituzionale della norma per contrasto con gli artt. 3, 4, 33, 35 e 41 Cost..
3. Il motivo è fondato. Secondo quanto afferma la Corte costituzionale nella sentenza n. 390 del 2006, l'eccezione al regime di incompatibilità stabilita dall'art. 3, comma 4, lettera a), R.D.L. n. 1578 del 1933, deve essere considerata >. Se questa è la ratio della norma in esame, allora appare piuttosto evidente la irragionevolezza di circoscrivere l'eccezione ai soli docenti universitari e agli insegnanti degli istituti secondari, escludendo gli insegnanti elementari.
4. Quest'ultimi, infatti, godono della medesima "libertà di insegnamento" ed esercitano una identica funzione, come emerge immediatamente dal D.Lgs. n. 295 del 1994, che tratta unitariamente, nel quadro dell'istruzione obbligatoria, scuola elementare e scuola media. La prima, (art. 118); la seconda, (art. 16).
5. La funzione docente è, anch'essa, espressione di una scelta legislativa che non distingue scuola elementare e scuola media, affermando che .
6. Unitariamente, infine, è trattato il reclutamento del personale docente, che, per essere impiegato nella scuola elementare, deve essere in possesso di un diploma di laurea (v. art. 3, L. n. 341 del 1990; v. anche art. 1, L. n. 270 del 1982).
6. Il problema è se la rilevata irragionevolezza, stante l'unitarietà della funzione docente, dell'esclusione degli insegnanti elementari dall'area di eccezione alla incompatibilità generale con la professione forense, abbia un possibile rimedio per via interpretativa a fronte dell'indiscutibile carattere eccezionale della norma di cui all'art. 3, comma 4, lettera a), R.D.L. n. 1578 del 1933.
7.1. Riguardo alle norme eccezionali, questa Corte se ha sempre escluso la possibilità di una interpretazione analogica, ha tuttavia, ammesso la possibilità di una interpretazione estensiva (Cass. nn. 5297 del 2009; 17396 del 2005; 9205 del 1999), come quella cui dovrebbe farsi ricorso nell'ipotesi in esame.
7.2. Si tratta, nel caso di specie, non di stabilire una nuova eccezione alla "regola", bensì di esplicitare quanto è già individuabile nel contenuto della norma in coerenza con l'identità di ratio di quanto espressamente previsto (v. in particolare Cass. n. 9205 del 1999): e tanto più ciò sembra ammissibile, in quanto nella fattispecie, mediante l'interpretazione estensiva, è possibile dare una lettura costituzionalmente orientata della norma stessa, che, altrimenti, sembrerebbe disporre una discriminazione irragionevole e per questo in contrasto con il principio di uguaglianza.
8. In tal modo deve ritenersi superata l'eccezione di illegittimità costituzionale della norma di cui all'art. 3, comma 4, lettera a), R.D.L. 1578 del 1933, con l'assorbimento di qualsiasi altro motivo di impugnazione.
9. Pertanto si deve affermare il seguente principio di diritto: .
10. Tali requisiti, nel caso di specie sussistono, visto che la ricorrente ha sia compiuto la prescritta pratica forense, sia superato l'esame di Avvocato (sul punto non sussistono in causa specifiche contestazioni).
11. Il ricorso deve essere, quindi, accolto e la decisione impugnata deve essere cassata. Non essendo necessario alcun altro accertamento di fatto, la causa può essere decisa nel merito, dichiarando il diritto della ricorrente all'iscrizione all'Albo degli Avvocati.
12. La novità della questione giustifica la compensazione delle spese dell'intero giudizio.
P.Q.M.
LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
Accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, dichiara il diritto della ricorrente all'iscrizione all'Albo degli Avvocati.
Compensa le spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 12 ottobre 2010.
Il Consigliere estensore Il Presidente Aggiunto
Dott. Raffaele Botta Dott. Paolo Vittoria