L’era della couch potato – la “patata da divano”, espressione anglosassone che ben sintetizza lo stato fisico e mentale dello spettatore televisivo medio, svaccato in salotto davanti allo schermo – forse è finita.
Quantomeno per una sempre più consistente parte della popolazione, quella “tecnologicamente avanzata”, dotata di tablet, pc portatili, smartphone e affini. Certo, in Italia abbiamo ancora qualche problema con la banda larga, troppo costosa e troppo poco diffusa, ma il progresso in ogni caso avanza inesorabilmente.
Dunque il mondo televisivo non si limita più ai grandi network nazionali e alle pay tv, e soprattutto non è più legato al salotto, luogo un tempo deputato alla visione dei programmi. Metropolitane, autobus, treni, bar, parchi, biblioteche, aereoporti, ormai la tv possiamo vederla praticamente ovunque, come nel caso di Sky Go
E non solo come riproposizione di quanto già visto - molti canali che trasmettono in chiaro mettono poi a disposizione sui siti ufficiali i loro programmi - ma anche prodotti nuovi, grazie alla nascita delle web tv.
Precedute dalle web radio – sorte come funghi anche grazie al fatto di aver bisogno di meno banda, trasmettendo solo audio –, negli ultimi anni le web tv non solo sono aumentante esponenzialmente di numero, ma ultimamente trasmettono programmi che non hanno proprio nulla da invidiare a quelli che vanno in onda sui canali tradizionali.
Il web come terreno di costante ricerca e innovazione insomma. Ma come nasce e come sopravvive una web tv? Sostanzialmente nel più antico dei modi: con i finanziamenti pubblicitari, come ogni sito web. Si vendono gli spazi pubblicitari agli inserzionisti. Si vive di click e di pagine visitate. Più mi guardi e più guadagno.
La stessa logica della cosiddetta televisione commerciale, con un evidente vantaggio: un grande abbattimento dei costi (è raro che una web tv si metta ad affittare grandi studi per fare programmi in diretta per la prima serata), nessun problema di acquisto di frequenze, e soprattutto la possibilità di sperimentare in assoluta libertà linguaggi e formati.
Prendiamo per esempio gli Stati Uniti: sono molti i produttori storici che hanno deciso di passare al web, come Brian Robbins (tra i producer della serie Smallville e di svariati film con Eddie Murphy), che ha in sviluppo ben 35 programmi, tra cui una sitcom ambientata nei bagni di un liceo e un talk show presentato da persone che grazie a Twitter sono diventate delle vere e proprie celebrità.
Ovviamente si tratta di prodotti che cercano di avere un forte appeal sul popolo della rete, composta in maggior parte da un target piuttosto giovane. E poi ci sono i canali di Youtube, un’ottima alternativa alla creazione di un vero e proprio sito web dedicato.
Anche le serie tv si adeguano, infatti negli ultimi anni il numero delle web series, prodotti concepiti per essere trasmessi esclusivamente in rete, è aumentato esponenzialmente.
Prendiamo per esempio Web Therapy – che vede come protagonista l’esilarante Lisa Kudrow (la pazza Phoebe di Friends) nei panni di una psicologa un po’ sui generis. Ecco l'episodio con protagonista la grandiosa Meryl Streep:
Un altro caso interessante è poi The Confession, un bel thriller in 10 puntate creato da Kiefer Sutherland (AKA Jack Bauer della serie 24) e ottimamente interpretato da lui e da John Hurt, di cui potete vedere il trailer qui sotto:
Anche l’Italia, però, nel suo piccolo si dà da fare, come si può vedere facendo un giro sul sito Altratv.tv, che raccoglie tutte le web tv della nostra amata penisola.
Sono tante, non è vero? Certo, in massima parte sono canali di distribuzione dell'informazione locale, quella del territorio in cui nascono, ma ce ne sono anche altre che hanno alle spalle un'idea di base dal respiro molto più ampio, come la chiacchieratissima web tv di Simona Ventura.
Che dire? C'è davvero l'imbarazzo della scelta...quindi la prossima volta che siete fermi ad aspettare il treno o l'autobus e non sapete che fare, beh, prendete il vostro smartphone o il vostro tablet e guardate un pò di sana web tv!
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