L’iniziativa era annunciata in pompa magna in prima pagina: “Repubblica lancia l’Academy per reclutare videomaker”. E a seguire l’incitamento “Siamo tutti reporter: cittadini-testimoni con telecamere e smartphone per documentare eventi e abusi. I reportage selezionati saranno pubblicati sul sito e retribuiti”. (Repubblica.it, 11 aprile 2012).
In un primo tempo la retribuzione veniva precisata in un “importo lordo minimo di Euro 5,00 (cinque/00) per ciascun Filmato che sarà stato selezionato dalla Società". Poche ore dopo la cifra è scomparsa, lasciando spazio a un concetto molto più vago: “In caso di selezione del Filmato ed esercizio dell'opzione di cui al precedente art. 1.1. e solo nei casi in cui sia previsto un corrispettivo per l’acquisto (c.d. Call a pagamento), su specifici ingaggi, verranno valutate specifiche retribuzioni variabili a seconda del video richiesto”.
Il responsabile del progetto specificava quindi in una nota in coda all'articolo di presentazione che c'era stato un errore materiale, pubblicando delle condizioni standard usate in altri contesti, ma che “non si è mai applicata in alcun modo ai video di Reporter raccolti da Repubblica” e che per quanto riguarda l'iniziativa di Reporter “in ogni caso non si tratterà mai di somme minime come cinque euro”.
Incidente chiuso? Tutt'altro: innanzitutto sulla Rete continua a girare l'idea che l'importo dei 5 Euro (lordi...!) sia stato cancellato solo per la reazione che l’“idea” di Repubblica aveva immediatamente scatenato proprio sul web, e in particolare nel mondo dei giornalisti freelance e precari, fra cui si contano anche tanti “videomaker”.
Inoltre, spulciando tra le contraddittorie note di presentazione e complessi termini contrattuali, si apprende che a venir proposti per una retribuzione, per quanto vaga, saranno solo alcuni dei video selezionati dalla redazione, e non tutti quelli pubblicati. Ma che tutti i video inviati saranno sottoposti dall'Editoriale L’Espresso ad un'opzione per ben 5 anni... per poter essere eventualmente selezionati e poi retributi !
Quindi, detta in altre parole: anziché assumerne un po’, o dare maggior dignità
a un buon numero di contratti precari, il giornale di Piazza Indipendenza sembra aver trovato (o copiato) la maniera di far lavorare gratis un bel po’ di aspiranti reporter.
Per fare cosa? Per riempire di contenuti un sito, R.it/Reporter (http://reporter.repubblica.it) e selezionare i fortunati che potranno accedere alla Repubblica Academy, una sorta di Olimpo dove sotto la supervisione di Paolo Sorrentino (“regista del Divo e di This Must Be the Place”) si terrà “un corso avanzato di videogiornalismo in circa sei mesi, che si ripeterà ogni anno”. Inoltre, essendo evidente la speranza di Repubblica che i filmati giungano numerosi, quanti di questi verranno effettivamente “selezionati” e poi retribuiti, e per quale importo ciascuno?
Questione non oziosa: infatti c'è un'altra clausola del contratto (art. 4, comma 1) che specifica che tali importi verranno liquidati solo quando supereranno i 200 Euro (o loro multipli). Il che significa che se un filmato venisse “selezionato” per la retribuzione di 100 Euro, il suo autore non verrebbe pagato fino a quando non supererà almeno un credito di 200 Euro. E quindi, potenzialmente, anche mai...
E, dulcis in fundo, si potrà venir pagati solo tramite conto PayPal (“Non potranno essere effettuati pagamenti ad utenti sprovvisti di account PayPal”, art. 4 comma 2 dell'accordo). Un bonifico bancario o un assegno proprio no? Ma gli aspetti retributivi e la corsa ad ostacoli per i pagamenti non chiudono tutte le questioni in ballo.
Il problema vero è che in nome di una presunta libertà (siamo tutti videoreporter) si trova il modo di far lavorare gratis giovani legittimamente speranzosi di diventare “davvero” videoreporter. Il loro entusiasmo servirà a riempire di contenuti gratuiti siti, web TV ecc. ecc., contenuti che prima o poi grazie ad azioni di marketing svariate e creative serviranno a rastrellare soldi... Dove andranno a finire questi soldi? Non nelle tasche di chi ha lavorato nella fabbrica delle illusioni, questa è l'unica cosa certa ed è l'aspetto davvero inaccettabile di queste operazioni: è un sistema perverso che mette gli uni contro gli altri sovrapponendoli in una serie di “classi” post marxiane giornalisti contrattualizzati, giornalisti precari, collaboratori esterni, ragazzi-parja a caccia di illusioni.
E l'aspetto davvero terribile del problema è che sollevando obiezioni a questa "filosofia", già teorizzata dall’editore De Benedetti al Congresso FNSI del 2011 (prestazioni gratuite o a bassissimo costo in cambio di “visibilità”) si corre il rischio di essere tacciati di corporativismo bieco e di conservatorismo
liberticida. Si rischia perfino di essere accusati dagli stessi ragazzi che vorrebbero partecipare allo “sballo” del “siamo tutti reporter” ! Che modelli di business di questo tipo siano tentati da soggetti come l’Huffington Post (poi citato in giudizio da migliaia di blogger che avevano contribuito gratis ai guadagni milionari della sua fondatrice), o da alcuni social network, potrà anche essere fisiologico, nel corso di una rivoluzione tecnologica planetaria come quella che stiamo attraversando, che come ogni rivoluzione avrà bisogno di assestamenti.
Ma che una delle principali testate del giornalismo italiano promuova la chimera del “siamo tutti reporter”, scopiazzando idee che appaiono già vecchie e controproducenti è davvero grave e stupefacente.
Proprio chi più ha contribuito ad accrescere il prestigio della professione, dovrebbe ergersi a difesa della stessa, non lanciarsi in una sorta di cupio dissolvi: “tutti o nessuno” come si sa spesso infatti coincidono. E il concetto di “libertà” non può essere speso arbitrariamente in operazioni che appaiono almeno dubbie, da un punto di vista etico e deontologico. Altro che “equo compenso”!
Ma come si è visto dalle reazioni immediate sul web, la rete ha i suoi anticorpi.
Forse i giovani che legittimamente aspirano a intraprendere la nostra professione, sono meno ingenui di quel che pensano certi editori e certi autorevoli colleghi.
Il Festival del Giornalismo di Perugia potrà già essere una prima occasione di riflessione su questi temi? È quello che auspichiamo.
Saverio Paffumi e Maurizio Bekar
(della Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi)
11 aprile 2012
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GIORNALISTI. ODG:
VIDEOMAKER? REPUBBLICA
COINVOLGA ISCRITTI.
GHIRRA: DISTINGUERE
CITIZEN JOURNALISM
E ATTIVITÀ PROFESSIONALE.
Asr: “ACADEMY DI REPUBBLICA: GIORNALISMO PARTECIPATIVO O MARKETING?”
In http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=8827
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