ROMA. Dopo il parere del Consiglio di Stato (si veda «Il Sole 24 Ore» dell'11 luglio), i presidenti degli Ordini professionali appartenenti al Cup (comitato unitario delle professioni) hanno incontrato ieri il ministro della Giustizia, Paola Severino, per esprimere le proprie posizioni sul testo del Dpr sulla riforma degli ordinamenti professionali. «Non abbiamo potuto fare a meno di sottolineare il rammarico di non aver potuto contribuire alla stesura del testo» afferma Marina Calderone, presidente presidente del Cup.
I punti controversi dell'incontro sono stati principalmente tre: la formazione continua, il tirocinio e le commissioni disciplinari su cui le professioni hanno avanzato – secondo il ministro Severino – «proposte costruttive che verranno prese in esame con attenzione».
Tirocinio
Claudio Siciliotti, presidente dei dottori commercialisti ed esperti contabili, ha posto l'accento sul tirocinio, che «deve essere svolto almeno per 12 mesi in studio, per consentire ai giovani di fare più pratica possibile». Favorevoli alla formazione sul campo anche Edda Samory, presidente degli assistenti sociali, Armando Zambrano, presidente degli ingegneri e Giuseppe Jogna, presidente dei periti industriali.
Lo schema di decreto sugli ordinamenti professionali ribadisce anche che il tirocinio potrà iniziare durante gli ultimi sei mesi di università: «In linea di principio siamo d'accordo – spiega il presidente degli architetti, Leopoldo Freyrie – ma le università ci hanno già fatto capire che gli studenti negli ultimi sei mesi non hanno tempo di dedicarsi al tirocinio». Sempre in tema di tirocini, il Consiglio di Stato ha ribadito che la durata massima (18 mesi) deve essere applicata anche ai tirocini in corso: su questo punto tutti i presidenti sono d'accordo, ad eccezione di Marina Calderone (consulenti del lavoro) e di Giampaolo Crenca, presidente degli attuari secondo cui «quando si parte con una novità del genere questa vale per il futuro».
Formazione continua
Trova l'accordo dei vertici degli Ordini la questione della formazione continua, che potrà essere affidata anche a soggetti privati «purché resti un controllo dei requisiti da parte dell'Ordine», sottolinea, tra gli altri Roberto Orlandi, presidente degli agrotecnici e agrotecnici laureati. Un timore sollevato da più parti riguarda anche il rischio di lievitazione dei costi se la formazione continua "obbligatoria" passa senza regole nelle mani dei privati.
Sistema disciplinare
In merito all'inserimento di terzi non appartenenti all'Ordine nella commissione disciplinare, i presidenti sono favorevoli: tutto, però, dipende dal criterio con cui i "terzi" vengono scelti. Sia Marina Calderone che Armando Zambrano (Pat), sono favorevolio all'idea di figure istituzionali, come possono essere i magistrati, ma decisamente contrari ad affidare questo ruolo, per esempio, alle associazioni dei consumatori.
Sul tenere distinte, all'interno degli Ordini, l'attività amministrativa da quella disciplinare sono tutti d'accordo: viene bocciata invece senza appello l'idea – presente nel decreto – di affidare questo compito ai primi non eletti alla carica di consigliere nazionale.
Un caso a parte sono gli psicologi, diventati "professione sanitaria" da tre anni ma ancora senza commissione disciplinare presso il ministero della Sanità. «Dal 14 agosto non potremo più adottare le vecchie regole - spiega il presidente Giuseppe Luigi Palma - e in assenza della commissione disciplinare nessuno potrà esercitare questo compito». Il ministro Severino ha però preso l'impegno di risolvere la questione per tempo.
Professioni tecniche
All'incontro di ieri non sono state invitate le professioni tecniche. Una scelta difficile da spiegare secondo Armando Zambrano, responsabile del coordinamento delle professioni tecniche. «Sarebbe stato opportuno fare questo incontro tutti insieme – afferma – dato che le problematiche sono condivise. Forse – prosegue – l'aver presentato una proposta di riforma come Pat ha spinto il ministro a fare incontri distinti». L'invito, però, finora non è arrivato.
I temi sul tappeto
01|TIROCINIO
In merito alla durata massima di 18 mesi, gli Ordini sono d'accordo, a patto che questo sia svolto per la maggior parte del tempo "sul campo". In più gli Ordini sono contrari all'obbligo del tirocinio per tutte le professioni.
La retroattività della durata massima di 18 mesi piace ai più anche se vede contrario qualche ordine (3 sui 12 intervistati). Sull'abolizione dell'incompatibilità tra tirocinio e pubblico impiego sono tutti favorevoli; in diversi casi però c'è il rischio che si creino conflitti di interesse e il problema, come già avviene, deve essere affrontato dai regolamenti dei singoli Ordini
02|FORMAZIONE CONTINUA
Per il Consiglio di Stato l'attività di formazione non deve essere una riserva degli Ordini: questa modifica trova d'accordo i presidenti, a patto che agli Ordini resti il controllo (anche a posteriori) sui contenuti formativi. Per molti la presenza degli Ordini avrebbe un effetto calmierante sui prezzi della formazione, che altrimenti rischiano di lievitare
03|FUNZIONI DISCIPLINARI
In merito ai soggetti terzi nelle commissioni disciplinari quasi tutti sono favorevoli, perché garanzia di neutralità, ma diventa fondamentale stabilire chi si intende con "soggetti terzi": porte aperte a magistrati e avvocati, pollice verso le associazioni dei consumatori. Opinioni divergenti però sul peso che dovrebbero avere i soggetti terzi rispetto ai professionisti
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Professioni. Il Consiglio di Stato sul regolamento per gli Albi: la pratica non interessa architetti e ingegneri
IL TIROCINIO NON VA ESTESO
Irrazionali il limite di tre praticanti per studio e l'obbligo dei corsi
di Giorgio Santilli
Il Sole 24 Ore 11 luglio 2012
ROMA. Il tetto massimo di tre praticanti in tirocinio contemporaneamente per ciascuno studio professionale, previsto dal regolamento generale sulla riforma delle professioni, «non è sorretto da adeguata giustificazione» e il ministero di Giustizia deve valutare «se fissare il tetto del numero dei praticanti in misura superiore», mentre occorre comunque che siano i consigli nazionali degli Ordini professionali a «fissare in via generale e con criteri predeterminati le possibilità di deroga».
È una delle numerose e pesanti censure del parere del Consiglio di Stato del 10 luglio n. 3169 con cui l'organo consultivo del Governo smonta uno dei provvedimenti-chiave in fatto di liberalizzazioni delle attività professionali, attuativo dell'articolo 3 del decreto legge 138/2011.
Palazzo Spada interviene a 360 gradi. Per esempio, sulle assicurazioni per la copertura dei rischi derivanti dall'attività professionale. A negoziare gli schemi delle polizze, «in convenzione con i propri iscritti», dovranno essere direttamente i Consigli nazionali e gli enti previdenziali dei professionisti. Si dovrebbe ridurre così la possibilità per il professionista di stipulare «idonea assicurazione» al di fuori delle convenzioni negoziate dai Consigli.
Importante indicazione anche per i corsi di formazione nella fase del tirocinio e di «formazione continua» che il Consiglio di Stato ritiene necessario vengano regolamentati secondo i nuovi principi della liberalizzazione. In particolare, la regolamentazione deve essere limitata «alle modalità di definizione dei requisiti minimi dei percorsi di formazione, che poi possono essere soddisfatti e autodichiarati da qualsiasi soggetto, anche privato, e non necessariamente svolti da collegi e ordini». A definire i contenuti dei corsi dovranno essere i Consigli nazionali degli ordini e non il ministero di Giustizia.
In materia disciplinare, bene fa il ministero di Giustizia a escludere con questo regolamento interventi sugli organi disciplinati aventi natura giurisdizionale, ma andrebbe inserita subito una «regola di incompatibilità» tra le funzioni amministrative e le funzioni disciplinari, «allo scopo di garantire terzietà e indipendenza di chi decide le questioni disciplinari». Per quanto riguarda la «pubblicità informativa dell'attività professionale» (bisogna evitare l'espressione «informazioni pubblicitarie»), occorre eliminare la condizione che la pubblicità debba essere «funzionale all'oggetto» dell'attività professionale, evitando che «un parametro non oggettivo possa poi essere valutato sotto il profilo disciplinare».
Va aggiunto che la violazione dei principi di correttezza e non ingannevolezza costituisce non solo «illecito disciplinare», ma anche violazione delle disposizioni di legge sulle pratiche commerciali scorrette (in pregiudizio dei consumatori) e sulla pubblicità ingannevole (in danno di altri professionisti).
Sul tirocinio non mancano altre osservazioni pesanti. Occorre ribadire che la durata di diciotto mesi è quella «massima», secondo la prescrizione legislativa. Inoltre è del tutto improprio considerare «obbligatorio» il tirocinio per tutte le professioni regolamentate, anche quelle per cui oggi non è previsto, come per esempio ingegneri e architetti.
Dubbi anche sul limite di sei mesi per il riconoscimento del tirocinio svolto all'estero (da valutare se «proporzionato e compatibile con i superiori principi del diritto dell'Unione europea»), mentre occorre fare salvo sia lo svolgimento del tirocinio prima del conseguimento della laurea, sia quello svolto presso pubbliche amministrazioni. Non convince neanche che «l'interruzione del tirocinio per oltre sei mesi» comporti «l'inefficacia, ai fini dell'accesso, di quello previamente svolto», risultando la previsione «non proporzionata ed eccessivamente gravosa». Questo comma andrebbe eliminato o andrebbe previsto un periodo più lungo di interruzione.
Censura anche sui corsi di formazione connessi al tirocinio il Consiglio di Stato. «L'obbligatorietà della frequenza sembra irrigidire notevolmente le modalità di svolgimento del tirocinio» ed è «preferibile» che la frequenza del corso sia «facoltativa, oltre che alternativa, e non concorrente, allo svolgimento della pratica».
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