I giornalisti hanno vinto e non corrono il rischio di finire in galera se violano una norma sulla privacy. L’articolo 12 del Decreto legislativo n. 171 del 13 maggio 1998 sulla “tutela della vita privata nel settore delle telecomunicazioni” (pubblicato sulla “Gazzetta Ufficiale” n. 127 del 3 giugno) modifica sostanzialmente l’articolo 25 della legge n. 675/1996 sulla <tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali>. Dal 18 giugno in poi i giornalisti potranno occuparci di sesso e salute senza chiedere alcun “consenso” agli interessati. Ciò non significa che avranno la libertà di ferire la dignità e l’identità dei cittadini. I vincoli giuridici a salvaguardia dei cittadini rimangono in piedi. Le regole di comportamento in materia saranno fissate in un <Codice di deontologia> che, varato il 26-27 marzo dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, dovrebbe essere ratificato presto dall’Ufficio del Garante sulla privacy e pubblicato, tra una decina di giorni, sulla “Gazzetta Ufficiale”. Il testo ha ancora bisogno di piccole limature, ma il più è fatto. Le violazioni delle norme sulla privacy fissate nel Codice potranno comportare un risarcimento del danno (nonché un'eventuale sanzione disciplinare), ma non potranno avere, come tali, riflessi penali, se non nel caso in cui sfocino in una lesione penalmente rilevante della dignità e dell’identità personale dei cittadini protagonisti di fatti di cronaca. In sostanza i giornalisti rischiano in futuro il procedimento disciplinare di fronte al Consiglio del loro Ordine e il risarcimento del danno in sede civile, ma non il carcere..
Viene accentuato così il ruolo di “giudice disciplinare” dei Consigli regionali dell’Ordine. Questi enti sono stati trasformati dalla Corte costituzionale (con la sentenza n. 505/1995) in veri e propri giudici amministrativi (con tutti i risvolti legati al rispetto delle procedure fissate dalla legge professionale n. 69/1963, dalla legge n. 241/1990 sulla trasparenza amministrativa e dal Codice di procedura civile). Si suole ripetere in più sedi e anche da parti politiche che i Consigli regionali dell’Ordine hanno fallito la loro “missione” primaria, quella legata appunto a far rispettare le regole etiche dentro la categoria. Questo dato negativo spinge a parlare della riforma dell’ordinamento della professione giornalistica. E’ evidente che la struttura dell’organo disciplinare “Ordine regionale” va ripensata: probabilmente la soluzione sta nel prevedere l’allargamento del collegio a esponenti della società civile. La professione giornalistica è di taglio sociale e pubblico e ha riflessi sul diritto dei cittadini a essere informati (in maniera corretta). I giornalisti vorranno farsi giudicare anche dai lettori e dai radiovideoascoltatori?
L’articolo 12 del decreto legislativo n. 171/1998 merita un’attenta riflessione. La struttura del vecchio articolo 25 della legge sulla privacy era in odore di anticostituzionalità sottoponendo la libera attività dei giornalisti al consenso degli interessati e all’autorizzazione del Garante. Dice l’articolo 12: <Le disposizioni relative al consenso dell'interessato e all'autorizzazione del Garante, nonché il limite previsto dall'articolo 24, non si applicano quando il trattamento dei dati di cui agli articoli 22 e 24 è effettuato nell'esercizio della professione di giornalista e per l'esclusivo perseguimento delle relative finalità. Il giornalista rispetta i limiti del diritto di cronaca, in particolare quello dell'essenzialità dell'informazione riguardo a fatti di interesse pubblico, ferma restando la possibilità di trattare i dati relativi a circostanze o fatti resi noti direttamente dall'interessato o attraverso i suoi comportamenti in pubblico>. In sostanza il cronista ha disco verde quando si occupa dei dati contenuti nel casellario giudiziario o quando tratta <dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale>. Il cronista, però, ha precisi obblighi. Deve rispettare <i limiti del diritto di cronaca>, cioè deve applicare i principi etici della professione (tutela della dignità della persona e rispetto della verità sostanziale dei fatti, muovendosi in contesto di lealtà e buona fede al fine di rafforzare la fiducia tra la stampa e i lettori). Il giornalista può anche pubblicare notizie offensive ma a patto che siano vere.
Il giornalista, infine, non deve travalicare i limiti dell’ <essenzialità dell'informazione>. Il Codice, preparato dal Consiglio nazionale dell’Ordine, fissa così il concetto di essenzialità della notizia: <La divulgazione di notizie di rilevante interesse pubblico o sociale non contrasta con il rispetto della sfera privata quando l'informazione, anche dettagliata, sia indispensabile in ragione dell'originalità del fatto o della relativa descrizione dei modi particolari in cui è avvenuto, nonché della qualificazione dei protagonisti. La sfera privata delle persone note o che esercitano funzioni pubbliche deve essere rispettata se le notizie o i dati non hanno alcun rilievo sul loro ruolo o sulla loro vita pubblica>. Appare opportuno spiegarsi con un esempio. Continuano ad apparire sulle testate giornalistiche, ed in taluni casi su quelle televisive, nel corpo di articoli che descrivono eventi e fatti di cronaca, notizie che nulla hanno a che vedere con la descrizione dell'evento stesso e nulla aggiungono alla comprensione dell'ambiente in cui l'evento è maturato. Spesso tali notizie toccano aspetti della vita del soggetto protagonista dell'evento ai quali la legge sulla privacy assicura una particolare tutela. L’episodio più emblematico riguarda la notizia riguardante il ritrovamento del corpo di un imprenditore di Torino. La notizia era stata arricchita da informazioni relative, oltre che all'iscrizione dell'imprenditore ad un circolo sportivo, anche all'iscrizione dello stesso ad un partito politico, dato quest'ultimo definito “sensibile” dalla legge 675. Questi ultimi particolari erano del tutto irrilevante ai fini della notizia. Il concetto dell’esenzialità della notizia implica la non pubblicazione di informazioni “estranee” all’evento al centro dell’articolo di cronaca.
Il Garante ha bocciato (<Il Sole 24 Ore> del 3 febbraio 1998) una prima stesura del Codice da parte del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti. Si è svolta successivamente una delicata trattativa tra le parti e questo lavoro, come detto, è sfociato nella stesura del testo del Codice varato il 26-27 marzo dal Consiglio nazionale. Le regole tratte dalla legge sulla privacy si applicano non sono ai giornalisti (professionisti, pubblicisti e praticanti ) ma anche ai <trattamenti temporanei finalizzati esclusivamente alla pubblicazione o diffusione occasionale di articoli, saggi e altre manifestazioni del pensiero>.
Il nuovo Codice fissa quattro regole in tema di salute e sesso:
1) Il giornalista, nel far riferimento allo stato di salute di una determinata persona, identificata o identificabile, ne rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza e al decoro personale, specie nei casi di malati gravi o terminali, e si astiene dal pubblicare dati analitici di interesse strettamente clinico.
2) La pubblicazione è ammessa nell'ambito del perseguimento dell'essenzialità dell'informazione e sempre nel rispetto della dignità della persona se questa riveste una posizione di particolare rilevanza sociale o pubblica.
3) Il giornalista si astiene dalla descrizione di abitudini sessuali riferite ad una determinata persona, identificata o identificabile.
4) La pubblicazione è ammessa nell'ambito del perseguimento dell'essenzialità dell’informazione e nel rispetto della dignità della persona se questa riveste una posizione di particolare rilevanza sociale o pubblica.
In sostanza il Codice tutela in maniera rigida le persone comuni, ma non i personaggi pubblici, ubbidendo a questa massima giurisprudenziale: <Chi ha scelto la notorietà come dimensione esistenziale del proprio agire, si presume abbia rinunciato a quella parte del proprio diritto alla riservatezza direttamente correlata alla sua dimensione pubblica> (Tribunale di Roma, 13 febbraio 1992, in Dir. Famiglia, 1994, I, 170, n. Dogliotti, Weiss). E’ indubbio che, per quanto riguarda la tutela della identità, la riduzione totale è inammissibile anche per i personaggi pubblici. Chi ha deciso di mettersi in politica ha, comunque, una sfera di tutela molto più limitata rispetto all’uomo della strada. Le nuove regole sembrano ispirate dal concetto americano di <etica pubblica>, riservando <un'attenuata riservatezza per i personaggi politici e i pubblici funzionari sui quali il cittadino ha sempre diritto di essere informato».
Non dovrà più accadere che venga raccontata la morte di un camionista affetto di aids, citando anche moglie e figlia con il nome in violazione del principio di riservatezza, vero e proprio diritto inviolabile della persona. Non dovrà più accadere che vengano fatti sui giornali il nome e il cognome di una donna violentata. La legge sulla privacy e il Codice di deontologia potranno determinare condizioni per far maturare una informazione civile, senza mostri sbattuti in prima pagina.
(Questo articolo è stato pubblicato, - a firma Franco Abruzzo, con il titolo “Meno vincoli al cronista a caccia di “vip”: così l’informazione ritrova le sue certezze” -, in Guida al Diritto del 20 giugno 1998/n. 24/pagina 25).