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IL SOLE 24 ORE del 14 gennaio 2008
Privacy. Il caso di una persona intervistata senza sapere di essere ripresa

In tv mette la faccia
solo chi dà il consenso

A CURA DI Riccardo Imperiali e Rosario Imperiali


……………


Il quesito


Mi sono visto ripreso in tv mentre rispondevo alle domande di una persona. Sapevo che era un giornalista, ma non pensavo che mi stessero riprendendo. È corretto? Quali sono le regole? Vale il diritto di cronaca? Lettera firmata - Milano


…………….


 


A qualcuno potrebbe forse fare piacere un minuto di celebrità televisiva, come pure trovare la propria foto pubblicata su un giornale, ma dipende dal contesto. D'altronde, anche l'immagine è un dato personale e la sua riproduzione deve rispettare i canoni del sistema data protection.


Come si concilia l'esposizione mediatica dell'uomo qualunque con il diritto alla privacy? In linea generale, l'immagine della persona non può essere esposta, riprodotta o messa in commercio senza il consenso della persona stessa. Alla luce di uno scenario normativo complesso (si veda, a proposito, soprattutto la scheda a fianco), vediamo di dare una risposta alla questione relativa a una intervista giornalistica trasparente nel rivelare la finalità della stessa e l'identità del reporter, ma "ingannatoria" nelle modalità: ripresa televisiva occulta anziché resoconto scritto o registrazione audio.


La soluzione


In proposito, è possibile fissare un criterio di riferimento: poiché anche l'immagine della persona fa notizia – tanto più se si tratta di un cittadino anonimo – l'essenzialità dell'informazione "visiva" segna la soglia entro la quale non si può pretendere che i media giochino a carte scoperte. Viceversa, quando la telecamera non è "indispensabile" per l'esercizio del diritto di cronaca, torna a espandersi la filiera della "privacy" tradizionale, basata sul binomio informativa/consenso.


Guardando alle caratteristiche specifiche del caso riportato dal lettore, l'intervistatore avrebbe dovuto:


1.  rendere trasparenti le modalità dell'intervista, dando risalto alla registrazione filmata;


2. chiedere agli intervistati la "liberatoria" alla messa in onda televisiva;


3. privilegiare riprese a distanza oscurando volti e fattezze identificative, nel caso in cui i diretti interessati si fossero opposti a una esposizione "in chiaro" della propria immagine;


4. condurre l'intervista a telecamere spente, in caso di rifiuto integrale del mezzo televisivo.


Questa gradazione di adempimenti avrebbe salvaguardato la conformità dell'intervista alla normativa sulla privacy che, tra l'altro, non tollera consensi "impliciti": se il lettore ha acconsentito all'intervista ignaro della ripresa televisiva, tale consenso non implica alcuna volontà di aderire tacitamente alla sovraesposizione via etere. Ciò non vuol dire burocrazia o intralcio all'operato dell'informazione, tanto è vero che anche il consenso verbale, espresso in modo colloquiale, soddisfa lo scopo, purché esso risulti inequivoco.


Le contromisure


In concreto, la persona ripresa a sua insaputa può rivolgere una segnalazione o un reclamo circostanziato al Garante per la protezione dei dati personali oppure, a determinate condizioni, può presentare ricorso. L'Authority per la privacy ha poteri di conformazione del trattamento giornalistico alle norme, potendo, ad esempio, vietare una nuova messa in onda del filmato e richiamare la testata giornalistica a un più rigoroso rispetto dei principi data protection. Eventuali danni dovranno invece essere accertati e liquidati dall'autorità giudiziaria ordinaria (tribunale del luogo in cui ha sede il titolare del trattamento: nel nostro caso, l'emittente televisiva in questione) che può essere attivata dall'interessato con ricorso in base all'articolo 152 del Codice della privacy (Dlgs 196/2003). Fanno eccezione le immagini «essenziali» per la notizia


 


Il quadro normativo


 


Regole semplificate


I mass-media godono da sempre di ampi privilegi nell'utilizzo delle immagini. Il trattamento di dati personali in ambito giornalistico è caratterizzato da una notevole semplificazione delle regole del gioco "concordata" tra  il Codice della privacy (Dlgs 196/2003) e il Codice deontologico di categoria, la cui fonte primigenia risale alla libertà di informazione sancita dall'articolo 21 della Costituzione; soprattutto se la notizia concerne fatti di chiara rilevanza sociale (articolo 137 del Codice della privacy e articolo 6 del Codice deontologico). Peraltro, esistono casi in cui il consenso della persona ritratta in una foto o ripresa in televisione non serve: quando la riproduzione dell'immagine è giustificata dalla notorietà o dall'ufficio pubblico ricoperto, come nel caso di un attore o di un politico, da necessità di giustizia o di polizia, come per le foto segnaletiche, da scopi scientifici, didattici o culturali. Oppure quando la riproduzione è legata ad avvenimenti e cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico, come in occasione di manifestazioni sportive, scioperi, rassegne fieristiche.


Possibili scenari


In tali contesti, anche l'uomo qualunque – partecipe o spettatore di eventi mediatici "di massa" – sacrifica una porzione della propria privacy all'occhio onnivoro della telecamera: è il caso del fedifrago casualmente ripreso in dolce compagnia dagli (incolpevoli) cameramen dell'ultimo Giro d'Italia. In aggiunta, è senz'altro vero  che chi decide "a monte" di partecipare a programmi televisivi non può dolersi – "a valle" – della gogna dei riflettori, a meno che non abbia negato espressamente il consenso alla divulgazione dell'immagine: è il caso delle tante "gole profonde" disposte a fare rivelazioni scottanti solo dinanzi a telecamere e microfoni spenti. Sul versante opposto, è pienamente legittimo un diritto di cronaca mascherato dietro le quinte di scenari ad alta tensione sociale ma che in caso di identificazione del cronista  rischierebbero di compromettere la stessa incolumità fisica del reporter oltre che la libertà di informazione.


Giusto bilanciamento


Fatta questa premessa, occorre ribadire che anche il giornalista deve rispettare dignità e riservatezza dell'individuo e che la libertà di informazione non può esplicarsi tramite l'azzeramento di quelle prerogative fondamentali di ciascuno, come il sacrosanto diritto al proprio "privato". Difatti, «il giornalista non fornisce notizie o pubblica immagini o fotografie di soggetti coinvolti in fatti di cronaca lesive della dignità della persona» (articolo 8, Codice deontologico). La "regola aurea" di trasparenza impone che «il giornalista che raccoglie notizie rende note la propria identità, la propria professione e le finalità della raccolta, salvo che ciò comporti rischi per la sua incolumità o renda altrimenti impossibile l'esercizio della sua funzione informativa» (articolo 2.1, Codice deontologico giornalisti). Il giudizio del "giusto bilanciamento" – applicabile in tutti i casi in cui diritti fondamentali appaiono in conflitto – presuppone che l'arretramento dell'uno (nel nostro caso, il diritto alla riservatezza) si attui solo entro il limite necessario a consentire all'altro (la libertà di informazione) di esplicarsi. Per poi ripristinare quel diritto momentaneamente compresso sino alla sua naturale e completa espansione, nel momento stesso in cui tale presupposto di necessità venga a cessare. La valutazione di necessità deve essere attentamente svolta dal giornalista, in quanto costituisce il presupposto di legittimità del suo operato.


 ……………….


IL SOLE 24 ORE del 31 dicembre 2007


 


Privacy


L'ANONIMATO NON RISPETTATO È TUTELATO DAL GARANTE


 


di Riccardo e  Rosario IMPERIALI


  


Ho posto un quesito personale a una rubrica giornalistica e ho chiesto di mantenere l'anonimato. Purtroppo la testata giornalistica ha pubblicato il quesito con il nominativo per intero. Cosa posso fare? Hanno violato la privacy? Posso chiedere un'indennità? A. B. - TORINO


 


Il trattamento di dati personali in ambito giornalistico è caratterizzato da una semplificazione degli adempimenti «privacy» introdotta dal Testo unico (Dlgs 196/2003) e recepita nel Codice deontologico di settore (Allegato 1 al Testo unico); è noto, ad esempio, che i mass-media, nell’esercizio del diritto di cronaca, non hanno bisogno di acquisire il preventivo consenso delle persone alle quali si riferiscono le informazioni, a condizione che sia garantita l’essenzialità delle notizia riguardo a fatti di interesse pubblico (articolo 137, Testo unico, articolo 6 del Codice deontologico). Nel caso di specie, il mancato oscuramento delle generalità del lettore, a fronte di una esplicita richiesta di anonimato, viola l’anzidetto canone di essenzialità e genera un eccesso di informazione «in chiaro» rispetto alla finalità del trattamento: in particolare, la testata giornalistica — tenuta comunque a rispettare i principi basilari data protection — è venuta meno al dovere di ridurre al minimo i dati identificativi, in modo da escluderne il trattamento quando le finalità perseguite possono essere realizzate mediante dati anonimi — ed è appunto questo il caso del lettore — od opportune modalità che permettano di identificare l'interessato solo in caso di necessità (articolo 3). Il lettore potrà quindi rivolgersi al Garante per la protezione dei dati personali (articolo 141 e seguenti) ovvero, qualora lamenti un danno (anche non patrimoniale) a seguito della pubblicazione, fare ricorso al giudice ordinario per ottenere il risarcimento (articoli 15 e 152, Testo unico 196/2003).





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