9.4.2018 - Dopo il clamoroso insuccesso della proposta di legge Richetti (PD) sull'abolizione dei vitalizi (?) nella scorsa legislatura, ecco che ci riprovano - questa volta il M5S - dopo l'insediamento di Roberto Fico a Presidente della Camera dei Deputati. Premesso che le decisioni prese dal Parlamento fino al 2012 in materia di vitalizi non furono certo né eque né logiche, mi pare che l'attuale campagna contro i vitalizi, soprattutto per la parte che riguarda il ricalcolo contributivo di quelli già liquidati, sia un'operazione populista mirata soprattutto a penalizzare le passate generazioni di politici.
Siccome si metterebbe in discussione in questo modo la credibilità dello Stato, con norme retroattive palesemente in contrasto con ogni principio di diritto, non posso che essere contrario. Pur tuttavia vorrei ricordare all'esimio Presidente Fico che se davvero si vuole dichiarare guerra ai "privilegi" resterebbero tante altre misure da approvare:
La Legge Mosca 252/1974 "regalò" decenni di contributi figurativi a carico dello Stato a migliaia di politici e sindacalisti, molti dei quali ancora viventi. Non faccio nomi, ma l'INPS li conosce tutti, eccome! Perché allora non pubblicare con trasparenza le liste complete e procedere al ricalcolo contributivo, eliminando tutti i periodi regalati dallo Stato?
Il D.Lgs. Treu n. 564/1996 basò il calcolo della pensione di migliaia di sindacalisti sullo stipendio degli ultimi mesi, anche uno soltanto. Così bastava essere "distaccati", farsi triplicare lo stipendio dal sindacato per pochi mesi e andare in quiescenza con una "pensione d'"oro", ben più alta dei contributi versati dall'interessato. Questo non è un privilegio? Se lo è come lo è, allora si ricalcolino anche queste pensioni. Sono migliaia!
Il vero scandalo poi sono le "doppie pensioni" dei parlamentari. Logica vuole che un dirigente o un giornalista che venga eletto in Parlamento, vada in aspettativa e versi i contributi soltanto per l'attività di parlamentare. Non è così. Grazie ad una distorta interpretazione dell'articolo 31 dello Statuto dei Lavoratori, i parlamentari in questo caso possono continuare a versare la loro quota di contributi alla Cassa di provenienza, e la quota spettante al datore di lavoro (di norma i 2/3), essendo loro in aspettativa, resta a carico della Cassa Previdenziale interessata (INPS, INPGI, ecc.). E naturalmente continuano ad avere diritto in parallelo anche al vitalizio da parlamentare. Vogliamo cancellare una volta per tutte questa palese indecenza? Se i parlamentari vogliono una doppia pensione, se la paghino loro stessi ma per intero!
Uno scandalo ancora più grande poi è rappresentato dal "cumulo" di più vitalizi. Se uno è stato parlamentare italiano, e poi europeo, ed è stato magistrato, e magari anche sindaco o consigliere regionale, oggi ha diritto a "cumulare" legittimamente più vitalizi e pensioni. E così si arriva allo sproposito di 15-20-25.000 euro al mese. C'è qualcuno di buona volontà che ha rinunciato spontaneamente al cumulo, optando per il "vitalizio" più alto, ma ciò è lasciato al senso di responsabilità individuale. Basterebbe una norma di poche righe per vietare il cumulo di più vitalizi, che rappresenta la quintessenza dell'iniquità. Eppure non sia fa e nessuno mai ne parla.
La chiudo qua. E non parlo di proposito delle "pensioni baby" degli statali e non solo, né dei consiglieri regionali andati in pensione intorno ai 40 anni di età con migliaia di euro al mese, né delle norme "scandalose" tuttora in vigore in merito alla reversibilità dei vitalizi, soprattutto in certe Regioni a Statuto Speciale.
Però una cosa la voglio aggiungere. È scandaloso che - nonostante esista una legge dello Stato (la n. 88/1989) che sancisce la separazione contabile fra "previdenza" e "assistenza" - si continui da parte delle Autorità responsabili (MEF e ISTAT in primis) a comunicare a UE, OCSE e FMI i dati relativi alla spesa pensionistica italiana mescolando previdenza e assistenza, mostrando così un'incidenza sul PIL del 16% o più, invece del 12% o anche meno. Sarebbe ora che non si ragionasse più sulla base di dati mal strutturati, anche se capisco quanto sia imbarazzante ammettere che la spesa previdenziale (basata sui contributi) é in sostanziale pareggio mentre il costo dell'"assistenza" veleggia ormai verso i 110 miliardi l'anno e rappresenta il 65% della spesa pensionistica pura (al netto delle imposte trattenute alla fonte). D'altra parte su 16 milioni di pensionati oltre 8 milioni sono "pensionati assistiti", che non hanno mai o quasi mai versato contributi (e molto probabilmente neppure mai o quasi mai versato imposte).
In Italia i "privilegi" scandalosi grandi e piccoli purtroppo abbondano in questo campo. L'importante è che quando si colpiscono i "privilegi" si colpiscano tutti e non soltanto quelli che rientrano nella logica populista del "politically correct".