PENSIONI & DI MAIO. Lettera di Antonio Del Giudice a Franco Abruzzo: "Mi viene il sospetto che i pensionati condannati al taglio siano una prova di scardinamento delle regole, delle leggi e della Costituzione. Una prova-finestra, che ha il vantaggio di soddisfare invidie e odio sociale, di confermare al popolo che il 4 marzo scorso è stato votato un governo di esproprii proletari".
3.9.2018 - Caro Abruzzo, la faccenda delle pensioni, spregiativamente dette d'oro, impone qualche riflessione, oltre il merito giuridico e costituzionale della faccenda. Il vice premier Di Maio insiste quotidianamente, con toni sempre più inquietanti, sulla determinazione dei pentastellati. Non c'è nulla che semini il dubbio nell'uomo del Cambiamento, nonostante i pareri politicamente discordi anche nel governo, oltre alla certa incostituzionalità del provvedimento. Il taglio alle "pensioni d'oro" sembra la pietra angolare del Cambiamento cosiddetto, ben oltre legge finanziaria, spread, evasione fiscale, mercati in allerta, Europa visibilmente preoccupata. Quando avranno "rapinato" duecentomila pensionati, l'economia del Paese riprenderà a correre, i posti di lavoro arriveranno a valanga, le tasse caleranno, e persino la sconcia questione dell'immigrazione sarà risolta.
Mi domando se Di Maio e i suoi accoliti ci sono o ci fanno. Può darsi che io accrediti loro un disegno troppo intelligente, ma mi viene il sospetto che i pensionati condannati al taglio siano una prova di scardinamento delle regole, delle leggi e della Costituzione. Una prova-finestra, che ha il vantaggio di soddisfare invidie e odio sociale, di confermare al popolo che il 4 marzo scorso è stato votato un governo di esproprii proletari. Un popolo piuttosto bue (ne parlava già Giacomo Lopardi) crede che, cadute le prime teste, finirà la pacchia del vicino che è sempre più verde della propria.
Non sto qui a ricordare che i famosi pensionati d'oro hanno già pagano un contributo di solidarietà voluto dai Governi Monti e Letta, contributo discutibile ma accettabile e temporaneo. Né sto qui a ricordare che quei "reprobi" hanno osservato con scrupolo le leggi dello Stato, cosa che solo un cialtrone può mettere in discussione. Dico che il tentativo di scardinare le regole in uno Stato democratico dovrebbe suscitare l'allarme di tutti, anche di coloro che oggi scampano alla tagliola. Se le forche caudine diventano legittime, prima o dopo toccherà a tutti passarci. Antonio Del Giudice, giornalista.
|