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  Diritto di cronaca
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LECCO. Medici e cronisti in guerra.
Ospedale, cittadini e incidenti stradali:
la libertà di cronaca non è sempre
prevalente sulla privacy dei pazienti
(meno tutele solo ai personaggi pubblici).


Circolare dell’Ospedale di Lecco – News del dicembre 2006.


Alle prese con... il diritto di cronaca


Come conciliare le richieste da parte dei giornalisti sullo stato di salute dei pazienti con la necessità di tutelare la privacy delle persone ricoverate? La questione è delicata, e chiama in causa non solo la correttezza del personale ma anche l’ottemperanza alle direttive di legge nel settore.


Su questo numero delle News pubblichiamo due quesiti che ci hanno posto gli operatori sanitari in merito alla questione privacy: risponde un’autorevole esperta del settore, l’avv. Giusella Finocchiaro, docente di Diritto di Internet e di Diritto Privato all’Università di Bologna


QUESITO: Come comportarsi se i giornalisti chiedono notizie (nome e cognome, dettagli sulla patologia ecc) di una persona deceduta in seguito a incidente o malattia? Valgono le stesse regole della privacy che si applicano per i vivi?


RISPOSTA: “In mancanza di una disposizione specifica sul trattamento dei dati personali di persone decedute ritengo,sulla base di un’interpretazione sistematica basata su alcune disposizioni contenute nel Codice in materia di protezione dei dati personali (art. 9 comma3) e su alcune indicazioni contenute nei Provvedimenti emessi dall’Autorità Garante per la protezione dei dati personali (tra i più recenti,provvedimento generale del 20 gennaio 2005, documento webn.1142173; Id, 20 novembre 2004, documento webn.1103284) sia necessario richiedere il consenso dei familiari al trattamento dei dati personali delle persone decedute”.


QUESITO: Il 118 può fornire ai giornalisti notizie precise sul luogo di un incidente? Se queste informazioni (pur senza fornire il nome) rendono riconoscibile una persona siamo in presenza di una violazione della privacy?


RISPOSTA: “Ritengo che il 118 non possa comunicare senza il consenso dell’interessato i dati ai giornalisti, salvo il caso in cui si tratta di dati anonimi, ovvero tali che non permettanodi identificare l’interessato: non si può, ad esempio, ritenere “dato anonimo” l’indicazione dell’iniziale del nome e del cognome di una persona coinvolta in un incidente accompagnata dall’indicazione del luogo dell’incidente in cui la stessa è rimasta coinvolta”.


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Risposta di Franco Abruzzo, presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia e docente a contratto di “Diritto dell’Informazione” presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca e presso l’Università Iulm di Milano.


 


1. PREMESSA. Il “Codice della privacy nell’attività giornalistica“ (3 agosto 1998) prevede, ha scritto l’Ufficio del Massimario della Cassazione il 5 luglio 2005,  “uno statuto particolare per l’attività giornalistica, che rifugge dalla previsione di regole rigide e minuziose e che affida in prima battuta il bilanciamento tra i diritti e le libertà allo stesso giornalista il quale, in base ad una propria valutazione (che può essere sindacata), acquisisce, seleziona e pubblica i dati utili ad informare la collettività su fatti di rilevanza generale e d’interesse pubblico, esprimendosi nella cornice della normativa vigente e nel rispetto del proprio codice di deontologia. Esso stabilisce che chi esercita l’attività giornalistica o altra attività comunque riconducibile alla libera manifestazione del pensiero (inclusa l’espressione artistica e letteraria, come ora precisato dall’art. 136 del  Testo unico 196/2003) possa trattare dati personali anche prescindendo dal consenso dell’interessato e, con riferimento ai dati sensibili e giudiziari, senza una preventiva autorizzazione di legge o del Garante”.


I giornalisti, sia nel passato (con la legge sulla privacy 675/12996) sia oggi (con il Dlgs 196/2003), non devono chiedere il consenso alla pubblicazione dei dati personali (che comprendono le foto) di  cittadini protagonisti di fatti  e avvenimenti  di interesse pubblico o svoltisi in pubblico. L’articolo 97 della legge 633/1941 dice: “Non occorre il consenso della persona ritrattata quando la riproduzione dell'immagine è giustificata dalla notorietà o dall'ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico”. Se è  lecito pubblicare la foto di una persona, è lecito di conseguenza parlare dei fatti di  cui la stessa persona è protagonista. Sul risvolto di tale norma si suole articolare l’ampiezza del diritto di cronaca: si può pubblicare tutto ciò che è collegato a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico. La vecchia legge sulla privacy  675/1996 era stata corretta dal Dlgs n. 171/1998 proprio sul punto del consenso nel senso  che ‘le disposizioni relative al consenso dell'interessato e all'autorizzazione del Garante...non si applicano quando il trattamento dei dati.... è effettuato nell'esercizio della professione di giornalista e per l'esclusivo perseguimento delle relative finalità”.


Il trattamento dei dati – spiega l’articolo 137 del Dlgs 196/2003 - è effettuato anche senza il consenso dell'interessato previsto dagli articoli 23 (Consenso) e 26 (Garanzie per i dati sensibili). In caso di diffusione o di comunicazione dei dati per le finalità di cui all'articolo 136 (trattamenti effettuati nell'esercizio della professione di giornalista e per l'esclusivo perseguimento delle relative finalità) “restano fermi i limiti del diritto di cronaca a tutela dei diritti di cui all'articolo 2 e, in particolare, quello dell'essenzialità dell'informazione riguardo a fatti di interesse pubblico. Possono essere trattati i dati personali relativi a circostanze o fatti resi noti direttamente dagli interessati o attraverso loro comportamenti in pubblico”. In sostanza il cronista ha disco verde quando si occupa di fatti  e avvenimenti pubblici. Il cronista, però, ha precisi obblighi. Deve rispettare  “i limiti del diritto di cronaca”, cioè deve applicare i principi  deontologici della professione (tutela della dignità della persona e rispetto della verità sostanziale dei fatti, muovendosi in contesto di lealtà e buona fede al fine di rafforzare la fiducia tra la stampa e i lettori).


2. QUESITO: Come comportarsi se i giornalisti chiedono notizie (nome e cognome, dettagli sulla patologia ecc) di una persona deceduta in seguito a incidente o malattia? Valgono le stesse regole della privacy che si applicano per i vivi?


Il giornalista ha diritto di conoscere se una persona, soprattutto se riveste incarichi pubblici,  è ricoverata in un ospedale, se è morta, ma non ha il diritto di conoscere i dati della cartella  sanitaria. L’ammalato, ed è accaduto, può  svelare al giornalista la natura della sua malattia. Il giornalista non ha, in base al Codice sulla privacy del 1998, il diritto di entrare nella stanza dove si trova l’ammalato, l’infortunato. L’ospedale è paragonato alla casa. Dice l’articolo 3 del Codice della privacy: “La tutela del domicilio e degli altri luoghi di privata dimora si estende ai luoghi di cura, detenzione o riabilitazione, nel rispetto delle norme di legge e dell'uso corretto di tecniche invasive”.


Nessuno può essere, ad esempio, fotografato (ricorrendo anche ai teleobiettivi) mentre è in casa propria, in  ospedale o in carcere.


L’Ufficio del Garante ha censurato anche la trasmissione di foto segnaletiche ai mezzi di informazione, senza il consenso degli interessati. La trasmissione è ammissibile solo per comprovabili necessità di indagine di polizia o di giustizia.


Per quanto riguarda il campo sessuale o quello delle malattie, il Codice della privacy del 1998 tutela in maniera rigida le persone comuni, ma non i personaggi pubblici, ubbidendo a questa massima giurisprudenziale: “Chi ha scelto la notorietà come dimensione esistenziale del proprio agire, si presume abbia rinunciato a quella parte del proprio diritto alla riservatezza direttamente correlata alla sua dimensione pubblica” (Tribunale di Roma, 13 febbraio 1992, in Dir. Famiglia, 1994, I, 170, n. Dogliotti, Weiss). È indubbio che, per quanto concerne la tutela dell’identità, la riduzione totale è inammissibile anche per i personaggi pubblici. Chi ha deciso di mettersi in politica ha, comunque, una sfera di salvaguardia molto più limitata rispetto all’uomo della strada. Le nuove regole sembrano ispirate dal concetto americano di “etica pubblica”, riservando “un’attenuata riservatezza per i personaggi politici e i pubblici funzionari sui quali il cittadino ha sempre diritto di essere informato”. In dottrina si ritiene, infatti, che l’esercizio del  diritto di cronaca può essere tanto più penetrante quanto più elevata sia la posizione pubblica della persona nelle istituzioni, nel mondo politico, in quello economico o scientifico, nella collettività, per il riflesso che le sue condotte anche private possono assumere sulla sua dimensione pubblica”.


3. QUESITO: Il 118 può fornire ai giornalisti notizie precise sul luogo di un incidente? Se queste informazioni (pur senza fornire il nome) rendono riconoscibile una persona siamo in presenza di una violazione della privacy?


Sì, il 118 può fornire tutti i dati sull’incidente e sui protagonisti del fatto.  Senz’altro, per le ragioni spiegate in premessa.. Si tratta di un fatto avvenuto in pubblico. L’articolo 15 della legge sulla stampa n. 47/1948 vieta di descrivere e  illustrare gli avvenimenti con particolari (e foto)  “impressionanti o raccapriccianti”.


La sfera privata non è protetta, quando la divulgazione di notizie di rilevante interesse pubblico o sociale  sia indispensabile in presenza di un avvenimento originale o particolare, nonché della qualificazione dei protagonisti. Rcs Editori è stato, invece, condannato a risarcire i danni (Tribunale di Milano 13 aprile 2000, Foro italiano 2000, I, 3004) perché un suo quotidiano aveva pubblicato, nel contesto di una indagine giudiziaria, l’indirizzo privato di una persona, dato, questo,  ritenuto non “essenziale”  in quanto privo di  finalità informativa.


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Roma, 11 giugno 2004


Privacy e Giornalismo. Documento del  “Garante


della privacy” su diritto di cronaca e rispetto delle persone.


Alcuni chiarimenti in risposta ai quesiti


posti dall’Ordine nazionale dei Giornalisti.


 


Accesso alle informazioni: i rapporti con le pubbliche amministrazioni


Viene spesso lamentato che le pubbliche amministrazioni giustificano la propria decisione di non fornire informazioni ai giornalisti dietro una supposta applicazione della legge sulla privacy.


 


Al riguardo, è stato più volte evidenziato anche dallo stesso Garante che la legge n. 675/96, prima, e ora il Codice privacy (Codice in materia di protezione dei dati personali, decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196), non hanno inciso in modo restrittivo sulla normativa posta a salvaguardia della trasparenza amministrativa e che, quindi, la disciplina sulla tutela dei dati personali non può essere in quanto tale invocata strumentalmente per negare l’accesso ai documenti, fatto comunque salvo il peculiare livello di tutela assicurato per certe informazioni e, in particolare, per i dati sensibili (dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale).


Le difficoltà per il giornalista di accedere a determinati documenti in possesso di uffici pubblici deriva non tanto dalla disciplina sulla protezione dei dati personali, quanto dalla normativa sull’accesso ai documenti amministrativi, che laddove il documento non è segreto impone comunque di valutare l’eventuale necessità di tutelare la riservatezza di un terzo, ma prima ancora prescrive (non solo al giornalista) che chi richiede il documento debba dimostrare la necessità di disporne per la tutela di un interesse giuridicamente rilevante e concreto. Vi sono al riguardo alcune aperture della giurisprudenza amministrativa che ritiene legittimato all’accesso anche chi intende esercitare al riguardo il diritto di cronaca (cfr. anche Cons. di Stato n. 570/1996 e Cons. di Stato n. 99/1998), ma il punto non è pacifico. Il giornalista può quindi chiedere di acquisire le informazioni detenute dalle pubbliche amministrazioni utilizzando gli strumenti previsti dall’ordinamento giuridico: presentando istanza in conformità a quanto previsto dalla legge 241 o da leggi speciali o, più semplicemente, consultando albi, elenchi ecc. quando la legge ha previsto un siffatto regime di pubblicità.


In tale ottica, e fatte salve le valutazioni che seguiranno in ordine alla loro possibile diffusione, il giornalista potrà ad esempio chiedere di acquisire o venire legittimamente a conoscenza delle informazioni concernenti:


• l’ammontare complessivo dei dati reddituali dei contribuenti, presso i comuni;


• le situazioni patrimoniali di coloro che ricoprono determinate cariche pubbliche o di rilievo pubblico per le quali è spesso previsto un regime di pubblicità;


• analogamente, le classi stipendiali, le indennità e gli altri emolumenti di carattere generale corrisposti da concessionari pubblici;


• le pubblicazioni matrimoniali affisse all’albo comunale;


• notizie relative ad alcuni nati e ad alcuni deceduti (possono essere rivolte specifiche domande all’ufficiale di stato civile, ma non si ha ad esempio diritto a ricevere un elenco giornaliero);


• gli esiti scolastici e concorsuali per i quali l’ordinamento prevede spesso un regime di pubblicità;


• i dati contenuti negli albi professionali;


• i dati contenuti nelle deliberazioni degli enti locali (per esempio anche mediante l’accesso alle sedute consiliari degli organi collegiali e la relativa ripresa televisiva);


• la situazione patrimoniale delle società e, in generale, i dati pubblici presso le camere di commercio.


Questo per quanto riguarda l’acquisizione delle informazioni. Rimane poi affidata alla responsabilità del giornalista l’utilizzazione lecita del dato raccolto e quindi la sua diffusione secondo i parametri dell’essenzialità rispetto al fatto d’interesse pubblico narrato, della correttezza, della pertinenza e della non eccedenza, avuto altresì riguardo alla natura del dato medesimo. Il giornalista dovrà valutare, ad esempio, l’eventualità di non diffondere in certi casi taluni dati relativi agli esiti scolastici, sebbene pubblici, in ragione dell’opportunità di tutelare gli interessati (minori e non) dagli effetti negativi che può determinare un’eccessiva risonanza data al loro risultato.


La legge sulla privacy e lo stesso Codice entrato in vigore il 1° gennaio scorso non hanno poi “abrogato” i noti limiti generali al diritto di cronaca che la giurisprudenza ordinaria, da diversi anni, considera stabilizzati.


Un’utile novità potrà tra l’altro derivare dall’adozione del decreto del Ministro dell’interno relativo alla legittima comunicazione e diffusione di informazioni da parte di forze di polizia, ad esempio in caso di incidenti, eventi tragici, calamità, ecc. (art. 57, comma 1, lett. e), del Codice privacy).


 





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