Nota di Franco Abruzzo
Milano, 1 giugno 2007. “Italia Oggi” del 30 maggio ha pubblicato una intervista alla collega Letizia Gonzales, che dal 7 giugno prossimo sarà il nuovo presidente dell’Ordine di Milano. In sostanza la collega annuncia il disarmo dell’Ordine sul fronte dell’attività giudicante in tema di commistione pubblicità-informazione, che è una piaga di portata amplissima. Per la Gonzales, che rilancia una tesi cara agli editori, “la pubblicità è anche una notizia a volte” e se è una notizia, questa l’assunto indiretto, non infrange alcun comando deontologico.
Il fenomeno della commistione è stato denunciato, nel novembre 1986, con una delibera del Consiglio di Milano alla cui stesura contribuì anche Simona Fossati, allora consigliere dell’OgL Quelle regole sono diventate due anni dopo l’articolo 44 del Cnlg: “Allo scopo di tutelare il diritto del pubblico a ricevere una corretta informazione, distinta e distinguibile dal messaggio pubblicitario e non lesiva degli interessi dei singoli, i messaggi pubblicitari devono essere chiaramente individuabili come tali e quindi distinti, anche attraverso apposita indicazione, dai testi giornalistici”. Incalza l’articolo 23 del Dlgs 6 settembre 2005 n. 206 (Codice del consumo): “La pubblicità deve essere chiaramente riconoscibile come tale. La pubblicità a mezzo di stampa deve essere distinguibile dalle altre forme di comunicazione al pubblico, con modalità grafiche di evidente percezione”. Gli articoli 2 e 48 della legge professionale 69/1963 impegnano i giornalisti ad essere e ad apparire corretti, a non ingannare il pubblico, ad essere leali. Basta con le citazioni. Gli “strumenti” esistono e sono chiari. I giornalisti devono dire qualche no in più. La deontologia è uno scudo, che impedisce agli editori di colpire i propri dipendenti. Anche gli editori sono tenuti a rispettarla e a non dare disposizioni (art. 6 Cnlg) in contrasto con la stessa.
La collega Gonzales sostiene che la frattura tra me e lei sia avvenuta in occasione di una vicenda, che riguarda Edoardo Segantini (caporedattore del Corriere Economia), protagonista di una vicenda clamorosa di commistione, ma leale fino in fondo nei riguardi dell’Ordine/giudice tanto che il Consiglio (non Franco Abruzzo) a maggioranza ritenne di infliggergli soltanto la mite sanzione dell’avvertimento (“L'avvertimento…. consiste nel rilievo della mancanza commessa e nel richiamo del giornalista all'osservanza dei suoi doveri”). Questa delibera, osteggiata dalla collega Gonzales, è stata confermata il 20-21 dicembre 2006 dal Consiglio nazionale dell’Ordine. La decisione del Consiglio nazionale merita di essere letta. Ecco il testo:
“Sulle pagine dell'Osservatorio Hi-Tech collocate all'interno di "Corriere Economia", supplemento del Corriere della Sera, appaiono, nelle date indicate, i seguenti servizi e inserzioni pubblicitarie di aziende di telefonini e portatili pc:
1) 16.12.2002: a pag.11 intervista al numero 1 di H3G incastonata tra due inserzioni H3G e intera pagina 14 pubblicità H3G;
2) 31.03.2003: intervista all'amministratore delegato della Siemens ampia pubblicità a pagina 21 e intera pagina 24;
3) 14.04.2003: pagg. 21, 22, 23 e 24 con sei inserzioni della BenQ e intervista ad amministratore delegato della BenQ;
4) 16.06.2003: pagg. 21, 22 e 23 (intera) pubblicità BenQ e intervista con responsabile marketing BenQ.
Il Consiglio regionale dell'Ordine della Lombardia apre un procedimento a carico di Edoardo Segantini, responsabile della redazione che cura detto supplemento, contestandogli i fatti e le violazioni in ipotesi delle norme che fissano i paletti tra informazione e pubblicità.
Al termine del procedimento, sentito il Segantini e il suo difensore, il Consiglio regionale, in data 19 gennaio 2004, infligge al giornalista la sanzione disciplinare dell'avvertimento ritenendolo responsabile di non aver fatto nulla per impedire la pubblicazione di servizi in un contesto di commistione tra pubblicità e informazione e di non aver protestato con i vertici aziendali, in tal modo minando, nella sua veste di garante della correttezza e della qualità della informazione del supplemento "Corriere Economia", il "diritto dei cittadini di ricevere una informazione corretta, sempre distinta dal messaggio pubblicitario".
Segantini, nel ricorso a sua firma, in via preliminare eccepisce la mancata correlazione tra la contestazione e la motivazione della sanzione disciplinare particolarmente ampia (come la stessa istruttoria, del resto) e nel merito ribadisce quanto dichiarato in sede regionale.
Il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d'Appello di Milano esprime parere contrario all'accoglimento del ricorso rilevando anche come non fondato il primo motivo dello stesso risultando "evidente la contestazione" mossa al Segantini.
Sostiene tra l'altro il P.G. che "non vi è dubbio che l'esame delle pagine, del modo in cui sono pubblicati i servizi e cioè accompagnati - a volte nella stessa pagina - da inserzioni pubblicitarie ... minano il rapporto di fiducia tra lettore e stampa".
Il Consiglio Nazionale concorda con le valutazioni della Procura e le fa proprie.
Dall'esame della documentazione in atti risulta infatti che il Segantini ammette: "per la parte informativa godo di una totale libertà"; sostiene che esiste un reale interesse degli argomenti trattati; ammette la singolarità della coincidenza tra servizi e pubblicità ma - aggiunge - "non so" chi informa il marketing". Chiarisce che ogni lunedì ha il timone del numero del venerdì (pag.7 sua audizione a Milano) con gli inserzionisti definiti che, inspiegabilmente, cadono nelle pagine nelle quali lui, "con una libertà totale", ha previsto i servizi ai dirigenti delle stesse società che fanno le inserzioni.
Ammette anche che c'è un qualche passaggio di comunicazione (pag.8) con l'ufficio marketing, ma non spiega che cosa mai gli impedisca, data la "libertà totale" di cui gode "per la parte informativa", di inserire in pagine diverse dalle pubblicità delle aziende le interviste ai dirigenti delle stesse. Non può fare a meno di ammettere, infine, che gli articoli appaiono funzionali alla pubblicità: "... questo lo so" (pag.11). Si limita a prendere atto della coincidenza ripetuta.
Non ha mai protestato con il marketing. La difesa scrive (pag.18) che "forse avrebbe rischiato il posto di lavoro" se lo avesse fatto.
Risulta provata, pertanto, la responsabilità del Segantini che non ha posto in essere ogni azione possibile per evitare la pubblicazione degli articoli accompagnati da inserzioni pubblicitarie relative al tema, al prodotto e alla società esaminati negli articoli stessi.
Per quanto riguarda la sanzione, il Consiglio Nazionale, concordando con la valutazione dei primi giudici circa il comportamento leale tenuto dal Segantini, giudica equa quella dell'avvertimento”.
La delibera del Cnog è limpida: ma allora di cosa parliamo, collega Gonzales? Tu dici che dobbiamo trovare gli strumenti di “autodifesa”. Gli strumenti sono il rispetto dei principi fissati nel Cnlg e dal Parlamento nel dlgs 206/2005. Anche il Consiglio nazionale annovera duri calvinisti? Il Consiglio nazionale ha accolto subito, dal 1986, le regole elaborate a Milano. Bisogna continuare sulla strada vecchia. Non c’è un’altra strada e non esistono opzioni diverse. Bisogna essere inflessibili con tutti: la norma non si interpreta per gli amici-compagni, mentre si applica solo ai cittadini comuni. E senza perdere tempo, come è accaduto nel gennaio 2005, quando tu, Letizia, non sola, hai chiesto di cercare un accordo con gli editori, accordo che non è mai stato sottoscritto. Fummo ingannati dalle promesse dei legali degli editori. Il Consiglio volle dare unanime una prova di buona volontà, archiviando le posizioni dei direttori Patrizia Avoledo, Silvana Giacobini, Giovanni Iozzia, Maria Giovanna Mazzocchi, Paolo Panerai, Carlo Rossella, Rosellina Salemi, Mauro Tedeschini e Fiorenza Vallino. Gli editori volevano il cambio al vertice dell’Ordine di Milano e lo hanno ottenuto. Gli elettori, però, sono stati ingannati: la “grande alleanza” ha criminalizzato Abruzzo per nascondere le finalità occulte della manovra tesa a dare cittadinanza ai pubbliredazionali.
Nel periodo che ha preceduto le elezioni per il rinnovo dei Consigli dell’Ordine, nella rete ha trovato ospitalità un volantino, firmato da una quarantina di colleghi, dal titolo “Votiamo per cambiare”. Sono colleghi che chiedono “un cambiamento radicale nell'Ordine dei giornalisti”. Su un progetto così vasto nulla da dire. Ogni progetto è legittimo. Nel volantino si legge: “All'Ordine regionale dove si vigila sulla corretta applicazione delle regole che già esistono bisogna predisporre codici di comportamento e strumenti di autogoverno a difesa dei colleghi che lavorano nei settori più vicini alla pubblicità, per evitare i massicci inquinamenti nei redazionali”. Non comprendo come abbiano potuto firmare una simile e radicalmente falsa affermazione colleghi eccellenti come Alberto Comuzzi (autore di un libro in materia), Letizia Gonzales, Laura Mulassano, Ezio Chiodini e Marco Ventimiglia, che già facevano parte a vario titolo del Consiglio dell’Ordine di Milano. Questi colleghi, negli ultimi tre anni, si sono occupati di almeno 30 casi di commistione, sanno perfettamente che le regole esistono. Cito due titoli presenti nel portale www.odg.mi.it:
https://www.odg.mi.it/docview.asp?DID=2560
Sentenza della Cassazione
Il direttore di un giornale
deve evitare la commistione
informazione/pubblicità
in base alla legge
e al contratto collettivo
Commistione informazione e pubblicità:
la responsabilità del direttore.
“Costituisce illecito disciplinare, in quanto contrario al prescritto dovere di lealtà dell'informazione, il comportamento del direttore responsabile di un periodico, che avalli la pubblicazione di una copertina e di articoli dotati di contenuto pubblicitario non chiaramente differenziato rispetto al dato informativo” (Trib. Milano, 11-02-1999; M. c. Consiglio reg. ord. giornalisti Lombardia; FONTI Foro It., 1999, I, 3083).
Questi colleghi sono sicuramente al corrente di progetti elaborati contro il vecchio vertice dell’Ordine di Milano ritenuto ostile ai disegni di alcuni editori di far diventare “normale” la risorsa dei “pubbliredazionali”. La conferma è arrivata il 30 maggio con l’intervista di Letizia Gonzales a “Italia Oggi”. Il vecchio Consiglio si è occupato a fondo di importanti casi deontologici (anche in punto di diritto di cronaca) e soprattutto dei diritti dei giornalisti in conflitto con la gestione separata dell’Inpgi. Non esistono problemi nella gestione separata dell’Inpgi? Chi può negarlo?
Ai nuovi e ai vecchi colleghi del Consiglio suggerisco la lettura di una mia ricerca pubblicata in diverse riviste giuridiche online e presente nel portale del nostro Ordine. E’ una lettura che potrebbe tornare molto utile:
In: https://www.odg.mi.it/docatts/PUBBLICITà-regole.rtf
Commistione informazione/pubblicità
Come il Consiglio dell’Ordine della Lombardia tutela
(sostenuto dalle sentenze dei giudici milanesi)
l’interesse generale, che coincide con lo svolgimento
corretto e autonomo della professione giornalistica.
Ricerca di Franco Abruzzo
INDICE
1. Premessa. Il diritto vivente in tema di commistione pubblicità/informazione scritto a Milano.
2. Diritti e doveri del giornalista.
3. Bisogna evitare che un giornale si trasformi in un catalogo commerciale. Tribunale civile di Milano: “La pubblicità deve essere chiara, palese, esplicita e riconoscibile.... il lavoro giornalistico deve rimanere inconfondibile”.
4. Corte d’Appello di Milano: “Il direttore quantomeno deve rendere pubblico il proprio dissenso all'ufficio marketing”.
5. Antitrust: “La sollecitazione al consumo può nascondere un caso di pubblicità ingannevole”.
6. Gli articoli pubblicitari giustificano le dimissioni del giornalista, perché ledono la dignità professionale. Inserimento di articoli di natura pubblicitaria in un periodico contro la volontà del condirettore può giustificare le dimissioni del giornalista, con diritto all'indennità sostitutiva del preavviso per lesione della sua dignità professionale (Cassazione sezione lavoro n. 5790 dell'11 giugno 1999 pres. Lanni, rel. Berni Canani).
7. Le sentenze del Tar Lazio sulla pubblicità ingannevole.
8. Tribunale civile di Milano: “La pubblicità ingannevole è slealtà del giornalista”.
9. La prima sezione civile della Corte d’Appello di Milano conferma la sanzione inflitta dal Consiglio dell’Ordine di Milano a Caterina Vezzani: quando la pubblicità ingannevole si nasconde nell’invito dell’articolista a usare un determinato dentifricio.10. La prima sezione civile della Corte d’Appello di Milano conferma la sanzione della censura a Marisa Deimichei: nei casi di commistione pubblicità-informazione il direttore ha il dovere di rendere pubblico almeno il dissenso dalle scelte dell’Ufficio marketing.
11. Sentenza della seconda sezione civile della Corte d’Appello accoglie le ragioni di Franco Abruzzo e Roberto La Pira. Occhipinti perde in appello: corretto il titolo di Tabloid "Basta marchette, per favore".
12. Consiglio OgL su giornaliste "attrici pubblicitarie" e su contenitori pubblicitari che mescolano inserzioni e articoli funzionali alle inserzioni.
13. Conclusioni. Corte d’Appello di Milano: “Il giornalista deve essere e deve apparire corretto”.
--------------------------------------------------
Appendice-1/ Contratto nazionale di lavoro giornalistico Fnsi-Fieg. Art. 44. Rapporto tra informazione e pubblicità
Appendice-2/ Carta dei doveri del giornalistica (1993): “I messaggi pubblicitari devono essere sempre e comunque distinguibili dai testi giornalistici”.
Appendice-3/ Dlgs 6 settembre 2005 n. 206. Codice del consumo, a norma dell'articolo 7 della L. 29 luglio 2003, n. 229. (Pubblicato nella Gazz. Uff. 8 ottobre 2005, n. 235, S.O. ). Questo Dlgs assorbe il dlgs 74/1992 sulla pubblicità ingannevole e comparativa.
Appendice-4/Tribunale civile di Milano: divulgabili le decisioni disciplinari dell’Ordine.
Appendice-5/OgL: la pubblicità mascherata uccide l’informazione.
Appendice-6/Consiglio nazionale dell’Ordine su commistione informazione-pubblicità: “Regole sistematicamente eluse o erose”.
……………………….
CONCLUSIONE. Le regole ci sono e sono chiare. I colleghi, con responsabilità redazionali e che sbagliano, vanno sanzionati. L’Ordine è un giudice e deve fare il giudice, non l’assistente sociale o il mediatore. Il Consiglio di Milano non ha mai colpito i semplici redattori, ma ha chiamato correttamente a rispondere delle loro decisioni soltanto i direttori o i loro sostituti (come Segantini). Bisogna avere memoria del lavoro fatto negli ultimi 18 anni e che è documentato in gran parte nel portale del nostro Ordine (www.odg.mi.it). Il Consiglio deve iniziare il triennio con idee chiare sul suo ruolo deontologico, evitando la strada perdente dei compromessi e dei cedimenti.
FRANCO ABRUZZO
consigliere dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia